domenica, aprile 30, 2006

EL PERRO, Argentina 2004

Sarà perchè i paesaggi desolati, luminosi ed immensi della Patagonia che fanno da sfondo a tutto il film il ho vissuti sulla pelle, sarà perchè c'è dentro così tanto delle contraddizzioni e dei valori di quell'Argentina che ho conosciuto, ma mi sento proprio di affermare che questo è uno dei film più teneri ed ironici che mi sia capitato di vedere (per caso) nei miei 12 mesi a Buenos Aires. Il regista, Sorín, scommette sulla semplicità, eliminando qualsiasi tentazione simbolista, creando poco a poco,lungo i cammini desertici del Sud, personaggi autentici, quasi improbabili nella loro semplicità. Dettaglio importante: se potete, vedetela in lingua originale, ne vale davvero la pena. (Diretta da Carlos Sorín, con Juan Villegas, Walter Donado, Micol Estévez, Kita Ca, Claudina Fazzini, Carlos Rossi, Mariela Díaz)

venerdì, aprile 28, 2006

CIVITAS, 5 - 7 maggio, Padova

"Civitas è la più importante mostra convegno della solidarietà, dell’economia sociale e civile aperta in Europa. Un evento unico che si distingue per la peculiarità di essere insieme salone espositivo e momento di incontro e confronto culturale. Organizzata dalla cooperativa Asa Ethike, Civitas promuove l’incontro dei cittadini con tutti gli attori del territorio: società civile, istituzioni e imprese. Civitas si compone di diverse sezioni articolate in spazi espositivi, convegni e workshop, aree animazione, mostre ed eventi artistico culturali. Dopo aver celebrato nel 2005 i suoi primi dieci anni, la piazza per il bene comune è pronta a ricominciare da undici con una nuova edizione (PadovaFiere 5-7 maggio 2006) mettendo a fuoco temi e nodi centrali per lo sviluppo del welfare locale ed europeo, puntando sul dialogo, sullo scambio e sulla messa in rete di iniziative e progetti significativi nel territorio."

Per saperne di più: www.civitasonline.it/2006/edizione2006.htm

A Monica e ai nostri quaderni...

"Never doubt that a small group of thoughtful, committed citizens can change the world; indeed, it is the only thing that ever has" (Margaret Mead)

giovedì, aprile 27, 2006

TANGO, UN GIRO EXTRAÑO

“Quella raffica, il tango, quella diavoleria, gli anni affannati sfida; fatto di polvere e tempo, l’uomo dura meno della leggera melodia, che solo e’ tempo”, diceva una poesia di Borges (El tango, J.L. Borges). Musica e danza, canzone e moto del sentimento, filosofia e fenomeno sociale, il tango nasce nelle periferie di Buenos Aires sulla fine del 1880, in un momento denso di sconvolgimenti urbani. Ci sono dubbi e contraddizioni sull’origine della parola tango, ma pare ormai appurato che la sua etimologia vada ricercata nella lingua parlata dagli africani che arrivavano al Rio della Plata per essere venduti come schiavi. Ma lo stile della musica, pur richiamando a tratti ritmi africani, si fonde e si trasforma in qualcosa di intimamente “porteño”, esclusivo di Buenos Aires. La massiccia presenza italiana nel Rio de la Plata fu determinante nell’evoluzione musicale del tango, nel suo contenuto poetico nonché nel gergo cittadino che i suoi testi propagarono in tutto il mondo e che divenne sinonimo di argentinidad.
Il tango, complicata creazione collettiva, ebbe come primo teatro la strada, spesso una vera e propria iniziazione. Stupefacente fenomeno di immediata diffusione, dalle strade dei quartieri poveri delle capitali rioplatensi penetrò dai bordelli nei caffé del centro cittadino, nei locali e nei cinematografi, fino ad entrare nelle borghesissime case di famiglia.
Il tango non è mai uno, non ci sono regole, i ballerini non si parlano, né si guardano fra loro, concentrati entrambi sullo stesso punto, lontano, attenti allo spazio duttile, sempre mutevole, circoscritto dal loro abbraccio. Ed evolve, nessuno ballerà mai lo stesso tango due volte, lo dimostrano anche le recenti evoluzioni della musica, che da Buenos Aires fanno eco ad un bisogno di rinnovamento profondo. Un guardare avanti senza mai dimenticare l’origine. Del resto, è da lì che tutto viene e tutto torna.

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mercoledì, aprile 26, 2006

ERA IERI

Era ieri la storia che conta, l'Italia di persone che avevano fatto la guerra e tornavano lo stesso con i sogni stretti in tasca, vicini a tutti i valori ammaccati ma intonsi. Era ieri eppure è oggi. Enzo Biagi immortalò Eugenio Montale in un'intervista pubblicata nei primi anni 80 e alla domanda "quali sono secondo lei le maggiori virtù degli italiani?", il poeta rispondeva "hanno una grande forza di sopportazione, ma non dimostrano una sufficiente avversione per le mascalzonate che avvengono nella gestione degli affari pubblici, perchè loro stessi si sentono colpevoli, loro stessi farebbero così" (Testimone del tempo -Enzo Biagi, 1980)
Possiamo forse dire di essere cambiati? Cos'è che "era ieri" allora, cosa si è perso irrimediabilmente nelle pieghe della storia? La virtù o la pena? La speranza o il ricordo del terrore?
Enzo Biagi racconta e nella sue parole non scopro grandi verità nè false illusioni. E' un semplice uomo quello che è sorto tra le righe mentre leggevo, un uomo che tira un piccolo filo tra le vicende del suo destino, nel quale resto intrecciata, provando il dolore che lasciano le cose irrimediabilmente perdute. Una generazione di uomini che hanno creduto e hanno fatto credere che valesse la pena battersi per qualcosa di molto più grande di se stessi, la patria, il paese che i padri dovranno trasmettere ai figli. Uomini che non hanno eredi nel mio presente e mi chiedo a quali modelli poter far riferimento per discernere, capire, sviscerare la realtà.
"C'è chi sostiene che il potere dei mass-media è più forte di quello politico: non direi. Il diritto di parola ha in effetti ben poco valore se nessuno ascolta. Peggio, se si raccontano bugie, come spesso succede...però i fatti hanno una logica ineluttabile, prima o poi quello che è buono e quello che è cattivo viene fuori" (Era Ieri -Enzo Biagi p. 263)
Esistono parole che hanno il potere di arrivare lontano. Sarebbe bello se fossero sempre in mano ad uomini così.

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lunedì, aprile 24, 2006

Tesi o Antitesi

Perchè un Paese già ricco deve sentirsi obbligato a crescere? Se lo chiedono negli Stati Uniti gli ambientalisti e gli intellettuali, che notano come il benessere si sia tradotto in auto più potenti e non in un vero progresso sociale, come il miglioramento della salute dei cittadini: i coreani o i greci, da questo punto di vista, non stanno peggio degli americani.
Crescere, afferma l'economista di Harvard Benjamin Friedman, è un processo al quale non possiamo rinunciare perchè lo sviluppo non produce solo un futile benessere materiale, ma ha anche un profondo valore politico e morale. Friedman sostiene che l'aumento del tenore di vita di un popolo ne forgia anche il carattere: rende tutti più aperti, tolleranti, ottimisti. La storia economica degli ultimi due secoli dimostra, secondo l'economista, che quando la ricchezza cresce i governi varano riforme incisive e allargano gli spazi di democrazia, mentre la gente tollera meglio le diversità, la mobilità sociale, le differenti dinamiche dei redditi. Nei periodi di stagnazione, anche in un Paese ricco, è invece difficile riformare e spesso si riaffacciano tentazioni autoritarie.
B. Friedman, "The moral consequences of economic growth" - dal Corriere della Sera, 2 dicembre 2005 (M.G.)

...

Como lo observó Mona Ozouf, el reverso de la libertad no es nada menos que la angustia de vivir, la dificultad de ser y la imposibilidad de encontrar fuera de uno mismo la razón de un fracaso amoroso. En efecto esta libertad nos pesa y puede desorientar. Es difícil de vivir, porque supone la elección, el compromiso, la responsabilidad. Y nuestra exigencia nos ubica frente a una nueva dificultad: la de hacer durar el amor nosotros mismos.

SPIRITI

"Lui credeva che per ribellarsi bastasse rivolgersi ai propri simili, e fu tradito. Per ribellarsi occorrono sogni che bruciano anche da svegli, occorre il dolore dell'ingiustizia, la febbre che toglie all'uomo la malattia della paura, dell'avidità, del servilismo. Per ribellarsi bisogna saper guardare oltre i muri, oltre il mare, oltre le misure del mondo. La miseria dell'uomo incendia la terra ovunque ma è un fuoco sterile, che cancella e impoverisce. E'un fuoco che odia ciò che la genera, è cenere senza storia. Saper bruciare solo ciò da cui nascerà erba nuova, ecco la vera ribellione."
Stefano Benni - Spiriti

giovedì, aprile 20, 2006

Buenos Aires, 3 marzo 2005

Mi chiedevo cosa avrebbe significato Buenos Aires nella mia vita.
Sapere da sempre di appartenere ad una discendenza straniera e viandante e rendermene conto soltanto a 26 anni, come se i geni fossero una rivelazione improvvisa dell’animo.
Volti su fotografie color seppia. La tavola oggi era piena di istantanee sparse che immortalavano estranei momenti di gioventù. Una parte della tua famiglia emigra altrove ed i geni cominciano a mischiarsi, a diffondersi, le tracce si perdono sempre più lontano, si diluiscono i contorni, si affilano le fisionomie e tutto quello che resta è un certificato d’anagrafe ed un albero genealogico che traccia le proprie geometrie fino ai confini del mondo. Cosa ci spinge a ricercare le nostre origini nel passato remoto, quando tutto quello che abbiamo è il presente in cui siamo vissuti? Cos’è quest’ansia di vedersi dentro alla luce di quello che sono state le cellule che, mischiandosi e fondendosi, hanno permesso che nascessimo proprio noi, tra miliardi di combinazioni possibili?
Ancora una volta mi interrogo sulla divinità e sul senso della vita e ritorna la stessa risposta di sempre: nelle tracce che lasciamo del nostro passaggio, impercettibile e breve nella dimensione di tutto il creato. E’ una ricerca che mi ha spinto fino a Buenos Aires, cercavo mio nonno ma in realtà speravo di trovare me stessa, come ogni volta che intraprendo un viaggio e penso che sarà l’ultimo, che un giorno mi fermerò in un posto e lo sentirò finalmente mio.

mercoledì, aprile 19, 2006

The curious incident of the dog in the night-time

E' il titolo di un libro di Mark Haddon che mi ha prestato la mia amica Mo (l'ho finito, te lo ridò presto!!) e che parla di un bambino che si chiama Christopher. O meglio, Christopher parla di Christopher e del giorno in cui si improvvisò investigatore nel delitto di un cane, terminando per scoprire, senza rendersene conto, che quella che stava investigando era la sua vita, con tutti i pezzetti che non avevano mai trovato il giusto posto.
E' un libro speciale perchè il suo protagonista è un bambino speciale. Christopher è un bambino autistico e per me che l'autismo non sapevo neanche cosa fosse, leggendo mi sono ritrovata immersa in un mondo che aveva l'aspetto della realtà di tutti i giorni, ma con toni e sfumature che non avevo mai notato prima. E' come se l'autore avesse abbassato la telecamera ad altezza di bambino e ripreso solo le scene e le fantasie che la mente di quel bambino gli suggeriva. Un tenero e profondo incontro con una realtà così vicina, eppure...inarrivabile.

venerdì, aprile 14, 2006

Scontato? Mica tanto...

"L'antichissima idea secondo la quale un uomo non ha lavoro perchè non vuole lavorare caratterizzò buona parte della mia infanzia di classe media. Insegnare a pescare prima di regalare pesce. Mi ci sono voluti anni di educazione e lettura per rendermi conto che affinchè il pescatore possa pescare deve disporre di qualcosa di elementare: acqua, e nell'acqua devono esserci pesci. E per imparare deve essere sano, non essere alcolizzato, avere voglia e non aver perso neuroni a causa della denutrizione. Inoltre, affinchè possa pescare almeno un pescetto, non deve esserci nella zona nessun individuo senza scrupoli che si porti via con una rete tutti i pesci e già che c'è si rubi anche l'acqua, per decorare con un lago per lo sport nautico il nuovo complesso di vacanze di lusso su cui ha investito."
Orlando Barone - Diario El Clarin, dicembre 2005

giovedì, aprile 13, 2006

Tempi moderni

"Man can adapt himself somehow to anything his imagination can cope with; but he cannot deal with Chaos. Because his characteristic function and highest asset is conception, his greatest fright is to meet what he cannot construe – ‘the uncanny’...
Therefore our most important assets are always the symbols of our general orientation in nature, on the earth, in society, and in what we are doing.
There are at least three points where chaos – a tumult of events which lack not just interpretations but interpretability – threatens to break in upon man: at the limits of his analytic capacities, at the limits of his powers of endurance, at the limits of his moral insight. Bafflement, suffering, and a sense of intractable ethical paradox are all, if they become intense enough, radical challenges to the proposition that life is comprehensible and that we can, by taking thought, orient ourselves effectively within it."
(Cliffort Geertz, The interpretation of Culture)

Inquietanti parallelismi...

"A partir de los años 90 empieza a producirse un empobrecimiento debido al aumento del desempleo que, sumado a la fuerte instabilidad de los puestos de trabajo, afecta indiscriminadamente a los calificados y non: emerge una nueva pobreza vinculada a la falta de ingresos, que a partir de ese momento va consolidándose como tendencia estructural. La sociedad argentina experimenta una trayectoria laboral caracterizada por una alta rotación de puestos precarios, poco calificado y de corta duración, intercalados por perìodos de desempleo y hasta de subida del mercado laboral." El Clarin, 7-7-2005

martedì, aprile 11, 2006

1 minuto e 37 secondi

E' esattamente il tempo che uno scattante medico della mutua ci ha messo a farmi un'ecografia, dopo 3 mesi di lista d'attesa, 2 ore di coda ambulatoriale e 27€ di ticket.
Ho viaggiato in tanti posti negli ultimi quattro anni e tra le tante cose che ho visitato, ci sono anche gli ospedali latinoamericani (altra storia davvero...) e pensavo di non dovermi stupire più di nulla. Ma quando ho oltrepassato la porta di quei poliambulatori mi sono di colpo ritrovata in quella che doveva essere l'Italia ai tempi di mio nonnno: pareti di un verdino sbiadito che a tratti perdevano intonaco come veli di cipolla, luci al neon intermittenti e indicazioni scritte a lettere tremolanti con i pennarelli a spirito a punta grossa "sala ecografie", "pagare ticket prima di entrare" "vitato fumare" (scritto esattamente così).
C'è chi dice che questi siano segnali inequivocabili che il pubblico servizio deve andare in pensione, per far posto alle privatizzazioni. Certo. Nel privato l'appuntamento me lo danno dopo tre giorni, gli ambulatori odorano di petali di rosa e se becchi proprio il giorno giusto il dottore ti visita anche per due ore. Ma quando è il momento di pagare che facciamo? Privatizziamo la sanità in nome della pulizia sociale così insieme alle malattie curiamo anche, definitivamente, la piaga della povertà? E anche se non fosse un discorso di poveri, che non sono schizzinosi e si accontantano anche dei cerotti caritatevoli dell'assistenza sociale, la classe media può permetterseli gli ambulatori all'aroma di rosa?
Chissà lo Stato dove sarà tra 100 anni, come concetto aleatorio, spogliato di tutte le sue sovrastrutture. Magari cambierà anche nome, così come è ricorda troppo un participio passato immodificabile. Quando finiranno di litigarsi quello 0,1% che li divide, i due grandi, lassù, forse penseranno anche a questo.

Se anche loro ce la fanno a venir fuori dalle rocce...

sabato, aprile 08, 2006

AUTO DA FE'

L'autodafé o sermo generalis era una cerimonia pubblica, appartenuta in particolare alla tradizione dell'Inquisizione spagnola, in cui veniva eseguita la penitenza o condanna decretata dall'Inquisizione (per eresia o altri reati). Il nome deriva dal portoghese auto da fé, "atto di fede", ed era il cerimoniale giuridico più impressionante usato dall'Inquisizione.

Secoli dopo la fine dell'Inquisizione, un altro "Auto da fé", irriverente e profondo, incide il proprio marchio con lettere di fuoco: l'opera prima del futuro premio Nobel Elias Canetti, ebreo di lingua tedesca dalla cui penna è uscito un serraglio di personaggi improbabili e perfetti nella loro umana follia. Il dipinto barocco di una ragione umana che si nutre solo di se stessa e che non può che implodere sotto i colpi infuocati della propria vanità.
Sembra incomprensibile fin dal titolo, eppure Canetti riesce ad accompagnare per mano il proprio lettore fin nelle pieghe più ardue del suo labirinto, dove in ogni riga, in ogni singolo personaggio, ritroviamo inequivocabilmente l'umanità inorridita riconoscersi dentro ad uno specchio. "L'umanità esisteva come massa già molto prima di venire inventata in sede concettuale. Essa ribolle in noi tutti, animale mostruoso, selvaggio, focoso e turgido di umori, nel fondo del nostro essere...Nonostante la sua età è l'animale più giovane, la creatura essenziale della terra, la sua meta e il suo avvenire." Leggere questo libro è come fare un viaggio nella mente di un uomo, impossibile uscirne illesi.