venerdì, aprile 27, 2007

Chi non teme.....?

I giudizi degli altri, questa strana malformazione del vivere che porta spesso ad esprimere delle opinioni lapidarie sulla vita di gente che non sia noi stessi. Se siamo animali sociali e il nostro istinto è vivere in gruppi, comunità, vuol dire che siamo più vicini all'essenza autentica delle persone che ci circondano? Eppure stona, questo intrufolarsi furtivo di un occhio esterno, di una lingua tagliente, in quella che in fondo consideriamo ancora la nostra "vita privata". Venirlo a sapere non ci fa sentire violati? Vulnerabili? E allora eccolo che scatta, il nostro spirito assurdo di sopravvivenza a volte impazzisce e agisce indipendentemente da noi. Ci assimila, ci fa sentire colpevoli. Come quando siamo appoggiati al carrello del supermercato pensando se per pranzo è meglio lo spezzatino o la frittata e improvvisamente qualcuno grida "al ladro!". Per una frazione di secondo ci guardiamo intorno per paura di un'accusa, di essere stati colti in fragrante...ci dimentichiamo di essere innocenti. Lo stesso succede con l'occhio indagatore, qualcuno ci fa sottilmente una critica, una maldicenza gratuita e pettegola mossa solo dalla noia quotidiana ed ecco che entriamo nel vortice paranoico della colpa e della responsabilità. Una cosa detta ad alta voce assume corpo, diventa reale. Possiamo salvarci soltanto ignorandola, soltanto schermando la meschinità con la superiorità della fiducia in noi stessi, soltanto togliendole la legittimità del reale.
Perchè assecondare una critica priva di fondamento vuol dire assecondarle tutte, perchè ad un atteggiamento meschino non c'è mai fine, non importa quanto assecondiamo, non importa quanto ci pieghiamo alla critica correggendo la rotta. Non importa chi siamo realmente, il pettegolezzo non ha fondamenti ma solo vittime. E se non ce ne accorgiamo subito sarà poi troppo tardi, ci saremmo spogliati di troppe cose, avremmo rinnegato troppo di noi stessi per ritrovarci intatti in quello che siamo realmente. Quello che siamo realmente, cosi difficile saperlo noi stessi, impossibile se lo ricerchiamo nel riflesso di quello che vedono gli altri. O forse non è cosi, siamo sempre e comunque capaci di camminare sul filo dell'onda guidati dai nostri lontani obiettivi. Molti si salvano, la mia è stata solo una pessima giornata.

domenica, aprile 22, 2007

L'Italia che non si arrende

Torno in tv dopo un intervallo durato cinque anni: insormontabili ragioni che chiamerò tecniche mi hanno impedito di continuare il mio programma. Sono contento, perché alla mia rispettabile età c’è ancora chi mi dà una testimonianza di fiducia e mi offre lavoro. Ma non voglio portar via il posto a nessuno: non debbo far carriera, e non ho lezioni da dare. Voglio solo concludere un discorso interrotto con i telespettatori, ripartire da dove c’eravamo lasciati e guardare avanti. Quante cose succedono intorno a noi. Cercheremo di raccontare che cosa manca agli italiani e di che cosa ha bisogno la gente. Fra poco sarà il 25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita. C’è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi. Il revisionismo a volte mi offende: in quei giorni ci sono state anche pagine poco onorevoli; e molti di noi, delle Brigate partigiane, erano raccogliticci. Ma nella Resistenza c’è il riconoscimento di una grande dignità. Cosa sarebbe stata l’Italia agli occhi del mondo? Sono un vecchio cronista, testimone di tanti fatti. Alcuni anche terribili. E il mio pensiero va ai colleghi inviati speciali che non sono ritornati dal servizio, e a quelli che speciali non erano, ma rschiavano la vita per raccontare agli altri le pagine tristi della storia. I protagonisti per me sono ancora i fatti, quelli che hanno segnato una generazione: partiremo da uno di questi, e faremo un passo indietro per farne un altro, piccolo, avanti. Senza intenzione di commemorarci.

Enzo Biagi, Corriere della Sera, 22 aprile 2007

Piove


Buenos Aires, 22-o4-2007
Foto: letiziajp ©

San Telmo come una soffitta

Ci sono degli angoli di Buenos Aires dove sembra di camminare tra i cunicoli di una grande soffitta, i bauli dei bisnonni emigrati in America , le fotografie color seppia, gli anelli, collane, sciarpe di seta, scarpe laccate col tacco lucido e valigie chiuse da lacci di cuoio scuro e sfilacciato.
Mi piace perdermi in questi spazi fermi nel tempo, mi piace il quartiere di San Telmo quando si popola di banchetti improvvisati e vetrine sotto chiave, mettendo in bella mostra le vestigia vanitose di un mondo riflesso in tanti volti che mi guardano fisso da foto stampate più di 100 anni fa.
Ci sono stata mille volte e finisco sempre per tornare, per confondermi tra le figure scomposte e vocianti che popolano le domeniche mattina di Piazza Dorrego, per sentirmi un pò meno straniera in mezzo ad una folla di stranieri, che nel loro spagnolo claudicante si riversano in strada col nasu all'insu. Mi confondo tra le cassapanche, gli orologi da taschino, i carretti di legno, le pellicce sbiadite, i guanti sgualciti ammassati in un angolo, sotto un cartello che dice "40 pesos, aproveche, solo hoy". Passo lenta osservando tutto, registrando tutto, ogni piega dei vestiti antichi, come se tra tante cianfrusaglie cercassi ogni volta un segno, come se avessi perso qualcosa o qualcuno che tra quegli scaffali stesse cercando di lasciarmi una traccia del suo passato. Mi soffermo davanti a carte d'identità stropicciate, tesserini militari, registri d'imbarco, nella prima pagina cartonata i dati anagrafici, di fianco una foto sbiadita. Volti, nomi, ognuno partito da un porto diverso per finire insieme tutti qui, in una cesta di vimini di un negozio di Antiguedades delle vie storiche del porto di Baires. Continuo a cercare, come se stessi davvero cercando qualcuno.

San Telmo, Buenos Aires, 22-04-2007
Foto: letiziajp ©

sabato, aprile 21, 2007

Here is a shell for you...

Blue, songs are like tattoos
You know I've been to sea before
Crown and anchor me
Or let me sail away
Hey blue, here is a song for you
Ink on a pin
Underneath the skin
An empty space to fill in
Well there're so many sinking now
Youve got to keep thinking
You can make it thru these waves
Acid, booze, and ass
Needles, guns, and grass
Lots of laughs, lots of laughs
Everybodys saying that hell's the hippest way to go
Well I dont think so
But I'm gonna take a look around it though
Blue, I love you
Blue, here is a shell for you
Inside you'll hear a sigh
A foggy lullaby
There is your song from me

(Joni Mitchell, Blue)

martedì, aprile 17, 2007

Mendoza, nord ovest Argentina

Le lumache escono sul far della sera sospinte dal fresco di un autunno invertito (le stagioni al contrario dell'emisfero sud...). L'asfalto le liscia, arricciandone i tessuti di bava filamentosa. Hanno le corna turgide, tese verso i suoni di ció che resta del giorno, chissá se sopravviveranno alla notte. Strisciate vischiose seguono la strada. Il mio ennesimo ritorno in terra Argentina sembra una continuazione di tutti i precedenti, come a completare le stagioni di un anno, come a rendere le distanze irrisorie, come da un ciglio all'altro di una strada di campagna. Tutto dipende dalle dimensioni - interiori - di ció che sperimentiamo. Quanto è larga una strada di campagna per una lumaca che deve trascinarsi dietro tutta se stessa?

venerdì, aprile 13, 2007

Oggetti in via d'estinzione

Questo è un argano. Anzi, mi correggo, è uno degli ultimi argani del mio paese. Quand'ero piccola il mare odorava di conchiglie appena pescate e mio nonno e mio padre lasciavano per me, in un lato della barca, un secchiello blu ripieno di misteri. Erano stelle marine, ossi di seppia, gusci di cozze, cavallucci, alghe e cucciole. Le loro mani alla fine della giornata sapevano di salsedine e ricordo la faccia buona e scura di mio nonno quando sotto il sole del giardino ricuciva con un filo verde chiaro di nilon metri e metri di retine.
Quando ero piccola era tutto grandissimo e gli argani popolavano ogni pezzetto di spiaggia del mio paese. La loro storia è antica, il loro legno odoroso e umido ha resistito a tanti strattoni, armeggi e tirature, ma sembra soccombere di fronte ad un porto che non è mai esistito e a delle barchette che sono scomparse o migrate altrove. Dovrò essere brava a convincere mio padre a raccontarmi quella storia, perchè qualcun altro la possa ricordare.
Gli argani di Porto Recanati sono pezzi in via d'estinzione, me ne metterei uno in casa per poterlo salvare, mi sembrerebbe di prendermi cura di un piccolo pezzo del mio passato. Mi viene in mente un passaggio di Veleggiando, un libro a cura di G. Perfetti sulla storia delle vele delle barche antiche di Porto Recanati: "nipote di un pescatore che a detta di mia madre era il primo a partire e l'ultimo a tornare, un pò per i racconti delle sue stravaganze, un pò perchè quel nonno io l'ho amato e con lui per la prima volta sono uscito in mare a cinque anni, ho sempre desiderato conoscere meglio il mondo di quegli uomini-marinai che ci hanno trasmesso tanto orgoglio di essere nati a Porto Recanati". Questo paragrafo, come l'argano, lo sento proprio mio.

Foto: letiziajp ©

martedì, aprile 10, 2007

giovedì, aprile 05, 2007


Musica Nuda

Dopo l’esordio il 28 febbraio al Teatro Sociale di Mantova con il “Jan Garbarek Group”, il Mantova Jazz 2007 si sposta nel comune di Marmirolo, con l’esibizione, al Teatro Comunale, di “Petra Magoni & Ferruccio Spinetti”, mercoledi 4 aprile.
Numeroso il pubblico (c'ervamo anche noi!!) che ha riempito il piccolo teatro, per assistere all’esibizione del duo composto dall’eclettica cantante toscana e dal contrabbassista degli Avion travel, capaci di reinterpretare classici della musica pop, e non solo, passando da Lennon-McCartney a Monteverdi, fino ad arrivare a Sting, Lucio Battisti e la Rettore. Il tutto viene rivestito da nuovi arrangiamenti e sonorità essenziali, dati solo dal contrabbasso di Spinetti, e dalla maestosa capacità vocale della Magoni, che riescono a ridare originalità e profondità a quasi tutti i brani interpretati.
L’idea che ha dato il via a questo progetto musicale, nasce dal casuale incontro dei due artisti che nel 2003, nel giro di una giornata, registrano il loro primo disco, tutto contrabbasso e voce, chiamato “Musica Nuda” proprio per l’essenzialità dei suoni. Da qui parte un tour che tocca numerosi teatri in tutta Europa, alternandosi ai rispettivi impegni dei due artisti, l’uno con gli Avion Travel, l’altra con alcuni tra i più importanti artisti della scena Jazz italiana.

Intanto il Mantova Jazz 2007 continua fino al 15 maggio, promosso dall’ARCI provinciale di Mantova, dal Circolo del Jazz “Roberto Chiozzini”, dall’Assessorato alla Cultura e dai vari Comuni della provincia che ospitano gli spettacoli. Prossime date da non perdere....

IVAN

martedì, aprile 03, 2007

DIFFERENZIALI....(?)

Rientro da una settimana frenetica di lavoro, durante la quale mi è capitato per caso di parlare a più riprese della condizione della donna nel mondo lavorativo italiano. E mi sono trovata a difendere il fatto che la cosiddetta "differenza di genere" io proprio non la percepisco. Forse in questi pochi anni di gavetta sono stata fortunata, forse sono ancora ad un livello troppo basso per poterla percepire. O forse ...non esiste? Per lo meno non mi pare di averla mai vissuta a livello di differenziazione salariale o intellettuale. magari perchè ancora non ho famiglia e figli a carico? Forse. E allora mi pare che l'articolo riportato oggi dal Sole24ore dia una risposta più obiettiva e più vicina al mio sentire dalle abituali conversazioni sul tema della auspicata uguaglianza tra sessi (perchè uguali non siamo mai, figuriamoci tra sessi diversi....). Riporto gli spezzoni che mi sono sembrati più significativi, nel frattempo aspetto commenti, soprattutto dal gentil sesso (qualunque esso sia...!).

"In Italia i differenziali salariali di genere sono contenuti ed è la bassa occupazione femminile a rappresentare la manifestazione più evidente delle differenze di genere sul mercato del lavoro. Molti sono gli interventi auspicabili nel nostro paese, il cui gender gap è così elevato, il tasso di fertilità è tra i più bassi d'Europa e la cultura dominante non favorisce il lavoro femminile. Ci sono chiare indicazioni che la maternità e il tempo di cura dei figli e, dato l'allungamento della speranza di vita, degli anziani, giocano un ruolo cruciale nel definire la partecipazione femminile al mercato del lavoro, la sua durata assoluta, la sua continuità e i differenziali salariali. Questo suggerisce che la scarsa parteciapzione femminile al mercato del lavoro non è solo , o non primariamente, un problema di genere, ma un problema di ruoli e di assenza di strumenti che riconoscano il valore sociale del lavoro di cura. Per aumentare la parteciapazione femminile sarebbe più naturale sostenere il lavoro di cura [piuttosto che giocare sugli sgravi fiscali]

tratto da Sole24ore 3/4/2007