lunedì, ottobre 16, 2006

DI CHI E' INTERNET?

Potrà sembrare scontato e forse nessuno si è mai soffermato troppo sul senso di questo interrogativo, proviamo quindi a sbirciarci un po’ dentro e vedere cosa siamo capaci di tirarne fuori.
La prima cosa che può venire in mente è: sono io che ho perso ore al telefono con la signorina della Telecom cercando di capire la differenza tra AliceFlat, AliceFree, Alice20mega. Sono io che alla fine mi sono deciso per Aliceebasta, che ho pagato la ADSL, chiamato mio cognato espertissimo di informatica per capire da che parte si legge il manuale di istallazione. E, finalmente, sono io che pago la bolletta della connessione. Quindi Internet è indiscutibilmente mio.
D’accordo, la posizione è convincente, allora riformulo: di chi sono i servizi offerti - gratuitamente - dai miliardi di portali che affollano la Rete?

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venerdì, ottobre 13, 2006

15/10/06 - Buon compleanno Bino...

Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t'amerei.
Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
Che la prima viola sull'opposto
Muro scopristi dalla tua finestra
E ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
Di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.

E di quell'altra volta mi ricordo
Che la sorella mia piccola ancora
Per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
Dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo che eri il tu di prima.

Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei.

(Camillo Sbarbaro Padre, se anche tu non fossi il mio )

giovedì, ottobre 12, 2006

Chiamatela pure (Artificiosamente) carne...

Mettiamo di essere seduti nel nostro comodo divano, ben posizionati di fronte alla TV. Il film non lo abbiamo scelto noi ma è ciò che di meglio offre il palinsesto serale. Ci mettiamo dunque comodi e la scena che ci si presenta a reti unificate è quella di due scienziati che sezionano un pezzo di muscolo dall’addome di un pesce rosso e lo immergono in una soluzione salina arricchita con siero fetale bovino. Passano le settimane, i due rientrano nel laboratorio e costatano tra grida di giubilo che il muscolo ha registrato una crescita del 15%. Un film di fantascienza? Affatto. In realtà si tratta di una notizia - neanche tanto d’attualità, considerato che la carne sviluppata in provetta è un’idea degli inizi del ‘900 - ripresa nel 2002, all’interno della ricerca per l’alimentazione destinata agli astronauti ed ora addirittura oggetto di dibattito scientifico mondiale: la fetta di carne allevata in provetta e già pronta per l’uso, può essere un efficace surrogato dell’ormai obsoleta “mucca da pascolo”?
Attenzione, non si parla di simulazione di bistecca, ma di carne vera e propria, nata da pulitissime tecniche di laboratorio che permettono di "coltivare in vitro cellule muscolari animali e aggiungendo sfere porose di collagene o cellulosa per dare consistenza ai tessuti cellulari, produrre alimenti simili alla carne macinata. Il passo successivo sarà assemblare diversi tipi di tessuto, così da imitare il mix di muscoli e grassi caratteristico delle carni vere". Pensate che il prodotto della sperimentazione è talmente d’attualità che gli hanno già trovato un nome: si chiama “carne artificiale” e dovrebbe salvare il mondo dall’inquinamento e dai rischi impliciti negli allevamenti industriali. Alcuni illuminati studiosi sostengono addirittura che la carne sviluppata in vitro sia più umana, in quanto “se una bistecca crescesse nell’ambiente sterile del laboratorio non si rischierebbero malattie come l’influenza aviaria”; inoltre, “potremmo fare a meno dello squallore degli allevamenti industriali, i fiumi non sarebbero contaminati dal letame e non bisognerebbe decapitare polli per preparare la cena”. Un paradiso idilliaco di bistecche da laboratorio che permetterebbe ai 6 miliardi di bocche - o quanti saremo tra qualche decennio in questo nostro affollato pianeta - di ingurgitare proteine a volontà, libere dai sensi di colpa dell’insostenibilità socio-ambientale di tanta abbondanza.
Ma…e se invece, semplicemente, riducessimo il consumo di carne, così abusata da molti, per ricondurre il nostro intelletto – e il nostro corpo – ad un rapporto più (naturale?) sostenibile con l’ambiente che ci circonda? Se per un attimo la ricerca scientifica vi aveva convinto, mi chiedo, servono libri come Frankestein per risvegliare il nostro senso dell’orrore di fronte a certe derive sperimentali?

(Liberamente tratto da Carne Artificiale, Traci Hukill, Internazionale, 28 luglio 2006)

mercoledì, ottobre 11, 2006

A castagne

Squarci in galleria, come finestre nella vita interiore.
Il sole riflette i luccichii del porto ed il lago è una coperta di luce sulla quale passeggiare. Lo sguardo che mi accompagna non abbraccia l’intero paesaggio, ma si sofferma, di tanto in tanto, su indistinti contorni. Sono quelle giornate sulla soglia dell’inverno, quando il freddo mattutino non ha più sfumature, ma poi le ore riflettono odori che richiamano, ancora, rimasugli d’estate.
La strada è piena di curve che salgono a gomito verso l’alto. E’ una mattina ideale per raccogliere castagne - ottobre - ne sento già il profumo, croccante e pungente, arrotondato dal gusto rosso di un bicchiere di vino. A sinistra il paesaggio si offre turgido e pigro.
E’ ancora domenica e mi chiedo se siamo noi a dar vita ai nostri stati d’animo o se sono essi a giacere lì, innati e inevitabili, in attesa che dettagli impercettibili di contingente li strappino dalla loro lenta profondità, per inondarci all’improvviso - di ombre e di luci - l’anima.

...





"..There's a feeling I get
when I look to the west,
And my spirit is crying for leaving..."











Foto: Panchoza

martedì, ottobre 10, 2006

Umanità - a volte - alla deriva

Rabbrividisco al pensiero che un giorno potrei trovare normali tutti quei ragionamenti che ci stanno inculcando e che il cervello, a forza, si rifiuta ancora di immagazzinare. Procedure, concetti, sotterfugi, strategie. Alla fine, meccanicamente, numeri. Io che ero partita dalle parole, da quella rinfrancante beatitudine di trovare del mio negli altri e lasciare a mia volta un’impronta. Mi rifiuto di trovare spontaneità nei numeri. E se un giorno, in un attimo di distrazione, la macchina prendesse il sopravvento? Pensate ad Orwell e con quanta preveggenza descrisse la ribellione di una mente all’imposizione di una realtà unica e inconcepibile. Ma secondo voi la ribellione é cedere o non cedere? E’ lasciare il mondo esterno fuori o ricoprirsi di esso per poterlo modificare?
“Fissi lo sguardo laggiù, non so in cosa, e già si precipita a cercarlo la tua anima affilata, come saetta”. Mai smettere di guardare lontano. Vorrà dire vedersi e non scoprire più nessuna – intatta - profondità.

Tristano muore

Finestre, ciò di cui abbiamo bisogno, mi disse una volta un vecchio saggio in un paese lontano, la vastità del reale è incomprensibile, per capirlo bisogna rinchiuderlo in un rettangolo, la geometria si oppone al caos, per questo gli uomini hanno inventato le finestre, che sono geometriche, e ogni geometria presuppone gli angoli retti.
Sarà che la nostra vita è subordinata anch’essa agli angoli retti? Sai, quei difficili itinerari, fatti di segmenti, che tutti noi dobbiamo percorrere semplicemente per arrivare alla nostra fine. Forse, ma se una donna come me ci pensa da una terrazza spalancata sul mare Egeo, in una sera come questa, capisce che tutto ciò che pensiamo, che viviamo, che abbiamo vissuto, che immaginiamo, che desideriamo, non può essere governato dalle geometrie.
E che le finestre sono solo una pavida forma di geometria degli uomini che temono lo sguardo circolare, dove tutto entra senza senso e senza rimedio, come quando Talete guardava le stelle, che non entrano nel riquadro della finestra...


Antonio Tabucchi, Tristano Muore

lunedì, ottobre 09, 2006

L'emisfero destro: sopravvivere in un mondo piatto

In quest'era, per avere successo, dobbiamo aggiungere alle nostre già ben sviluppate capacità tecnologiche altrettanto sviluppate "capacità concettuali" e "di contatto". Le prime si riferiscono alla capacità di creare bellezza artistica ed emozionale, di individuare modelli e ooportunità, di elaborare una trama narrativa soddisfacente e di inventare cose di cui il mondo non sapeva ancora di avere bisogno. Le seconde si riferiscono all'empatia, alla capacità di comprendere le sfumature più tenui delle relazioni umane, di trovare gioia in se stessi e di stimolarla negli altri, di superare la quotidianeità andando alla ricerca di un più profondo scopo e significato della vita. Non sarà facile sviluppare questo genere di doti. Per alcuni, sembra un obiettivo irraggiungibile. Ma non bisogna aver paura (o almeno non bisogna averne troppa). I talenti che ora contano di più sono qualità specificatamente umane.(...) Ma in quale modo si sviluppano le capacità dell'emisfero destro del cervello? Facendo una cosa che amate fare (o che almeno vi piace fare), perchè in questo caso vi aggiungerete qualcosa di indefinibile, qualcosa che proviene direttamente dal vostro cervello e che non può essere facilmente ripetuto, automatizzato o delocalizzato.

Thomas L. Friedman, Il mondo è piatto. Breve storia del ventunesimo secolo

lunedì, ottobre 02, 2006

VOTE FOR SAKI!






-My Soul is in darkness–











Il primo lavoro dei “Vote for Saki” - italianissima formazione Recanatese - si chiama “My Soul is in Darkness”, ed è un disco di Rock’n Roll stile anni ’70, riadattato ai giorni nostri dal giovane duo. Già, perché, al di là dell’impressione che si ha ascoltando il disco, i “Vote for Saki” sono solo due elementi: Gian Luigi “Gigio” Mandolini, che a suon di batteria si occupa di costruire il tappeto ritmico, su cui Riccardo Carestia scrive, canta e suona il resto della strumentazione. Il richiamo ai mostri sacri del Rock si coglie un po’ in tutte le canzoni, come lo Zeppeliniano intro di “I’m angry”, prima traccia del disco. Il proseguo si alterna tra ballate e ritorni a riff di chitarra che, sin dal primo ascolto, si fanno apprezzare, mettendo spesso in luce le capacità strumentali dei VFS. Dei 10 brani solo due hanno un testo in italiano: la ipnotica “Kramer” e “Tata”, il resto sfrutta la musicalità della lingua inglese. Da segnalare, tra le altre, “People Love Rock’n Roll”, forse l’episodio del disco che più di tutti rimanda, con la mente e con lo spirito, all’American Rock anni ’70, che filo conduttore di tutto il lavoro. Che dire, quindi...complimenti ai “Vote for Saki” ed al loro primo disco, che, per il momento, non si trova ancora nei negozi, visto che sono praticamente auto-prodotti ed ora lanciati alla ricerca di Etichette che ci credano. Una sola cosa, a questo punto, rimane un’incognita: chi sarà mai questa Saki per cui dobbiamo votare……?

Se vi abbiamo incuriosito...:
Scarica demo
Riccardo, glrands@libero.it, 335.7545652
Gian Luigi, glmandolini@hotmail.com, 349.4755648

(Autore recensione: Ivan!)