martedì, luglio 28, 2009

Tempo di andare...

Fonte foto: 2009 letiziajp ©

lunedì, luglio 06, 2009

Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life
You were only waiting for this moment to arise
Black bird singing in the dead of night
Take these sunken eyes and learn to see
all your life
you were only waiting for this moment to be free
Blackbird fly,
Blackbird fly
Into the light of the dark black night.

Blackbird fly,
Blackbird fly
Into the light of the dark black night.

Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life
You were only waiting for this moment to arise,
You were only waiting for this moment to arise
You were only waiting for this moment to arise...

venerdì, luglio 03, 2009

L'Honduras nell'era dell'informazione di massa

L’Honduras ogni tanto rientra nella mia vita, nei modi più impensati. Una lettera o una foto trovata in un armadio dopo l'ennesimo trasloco, l'insofferenza per le scelte di marketing del famoso reality, il ricordo vago di un frutto, la mail di un amico. Ma l'ultima cosa a cui avrei mai pensato era un colpo di stato.
Sottolineo il termine e sottolineo il fatto che prima di usarlo ci ho pensato. Mi sono documentata. Mi sono fatta un'opinione, che non deve quasi nulla - se non nelle sue sfumature più ciniche - alla stimatissima stampa nazionale. Ammetto di avere la fortuna dell'osservatore privilegiato, quello che ha vissuto abbastanza nel teatro dei fatti da poter contare su una buona memoria e su una rete di amicizie pronte a fotografare la realtà. Ma proprio per questo riesco ad aprire gli occhi sull'imprecisione, mancanza di senso critico e assenza di approfondimento con cui vengono confezionate le notizie oggigiorno. E mi limito solo alla stampa nazionale. Partiamo dal principio, la stampa italiana riporta la notizia: la Corte Suprema di Tegucigalpa ha ordinato ai militari di agire, deponendo il Presidente Honduregno Miguel Zelaya, poiché quest’ultimo aveva tentato di "violare la legge facendo votare un referendum per autorizzare la sua elezione". Scendiamo nei dettagli: il Sole 24 Ore parla di "arresto", riferendosi a quello che di fatto è stato un sequestro di persona ad opera delle Forze Armate, su incarico della Corte Suprema. (Sarò pignola?) Poi poco più avanti, in chiusura, sempre lo stesso autorevole quotidiano cita come unica fonte La Prensa, quotidiano hondureno che - come la maggior parte dei giornali locali - non brilla certo per obiettività. Passiamo a La Repubblica, che fin dall’occhiello del suo articolo fa prontamente capire di avere gli stessi informatori del Sole24Ore, quando scrive “Zelaya arrestato e trasferito in Costa Rica. Voleva riformare la Costituzione per essere rieletto”. Per non parlare di Studio Aperto (…) che ha mandato in onda un servizio nel quale i compatrioti bergamaschi di Micheletti - di origini apunto bergamasche – gli inviavano i migliori auguri per il “nuovo incarico presidenziale”.
L’Honduras lo conoscono in pochi – 7 milioni di abitanti, povertà e violenza, caffè e banane, non ne fanno la meta più ambita del turismo mondiale – e capisco che tenere un corrispondente sul posto, in un momento in cui i fatti Iraniani (solo per citarne una) stanno mettendo a rischio il delicato equilibrio mediorientale, possa rappresentare per molta stampa un costo inutile. Ma possibile che nessun quotidiano si sia preso la briga di verificare quelle “due o tre verità che contano”? Come l’Iran ci ha già insegnato – e come sarà sempre più preponderante in futuro? – le versioni meno facili, meno precotte, meno edulcorate dai passaparola delle agenzie di stampa ufficiali, sono quelle che arrivano via facebook, twitter, o per e-mail da quei pochi amici o amici di amici che per scelta o per nascita sono ancora sul posto, a raccontare, dei fatti, un’altra versione. Il contraddittorio, si dice, è la base della giustizia, a maggior ragione quando l’imputato è la stessa democrazia.
Bene, il popolo della rete questo racconta: la quarta urna voluta da Zelaya per il referendum popolare non avrebbe avuto l’effetto di “permettergli di candidarsi per un secondo mandato”, ma quello di consultare la popolazione sulla possibilità di una riforma costituzionale, più complessa e articolata della sola rielezione su cui si è concentrata tutta la stampa italiana. Anche se il referendum fosse andato in porto, la riforma della Costituzione non sarebbe stata avviata prima del 2010, cioè con già un nuovo presidente in carica (le elezioni sono previste per novembre 2009). L’anomalia che si voleva riformare – eredità della repressione militare degli anni 80, quando il paese veniva utilizzato dagli USA come base di appoggio per le operazioni antiguerriglia nei paesi limitrofi - è una anomalia istituzionale che vive della sostanziale assenza di separazione dei poteri, in uno stato dove il Legislativo (Congresso Nazionale della Repubblica) si sovrappone all’Esecutivo nella gestione di gran parte del budget nazionale, senza che ci sia nessuna istituzione che ne controlli l’operato. Da qui l’alto livello di corruzzione che affligge da sempre il paese e che impedisce qualsiasi speranza di uno sviluppo diffuso. E il terzo potere? In Honduras i giudici sono nominati dal Congresso Nazionale. Il Potere Legislativo fa le veci del Potere Esecutivo su ampia quota della finanziaria locale e nomina il Potere Giudiziario. Che effetto avrebbe su questo schizzofrenico equilibrio istituzionale una riforma volta a porre le basi per la modernizzazione del paese? La risposta se la devono essere data abbastanza in fretta i rappresentanti della minoranza privilegiata che siedono nel Congresso e nella Corte Suprema. Portare le Forze Armate dalla loro parte non deve essergli poi costato neanche tanto. Separazione dei Poteri, uno dei principi fondamentali dello stato di diritto e tema del test di ingresso a Gorizia, nel lontanissimo 1997. Incredibili i giri che fa la storia, a volte, per tornarti incontro.
Miguel Zelaya non è un martire del regime. Delle promesse fatte in campagna elettorale molte sono rimaste nella sfera dei buoni propositi e sembra che negli ultimi tempi il consenso popolare nei suoi confronti fosse in netto calo. Anche avesse puntato alla rielezione, non avrebbe potuto condidarsi prima del 2013, correndo ad armi pari con altri precedenti presidenti rimessi in pista dalla sua stessa riforma. E forse, in fondo, l’Honduras – con un livelo di corruzzione tra i più alti al mondo, povertà, generalizzata apatia e onnipresenza del narcotraffico - non è ancora pronto a gestire in trasparenza una Costituzione degna di un moderno stato democratico, che la riforma tentata da Zelaya puntava a creare. Forse i poteri devono ancora restare accentrati, sicuramente con maggiore controllo da parte di organismi esterni, magari internazionali. C’è poi chi sostiene che esistono anche altri modelli per organizzare una società e che il colpo di stato in Honduras non solo sia perciò legittimo, ma anche dovuto, in ottemperanza alla legge locale. Poi però non dice nulla se sia legale o meno che in questo momento siano stati sospesi - su richiesta del nuovo, temporaneo, Presidente post-golpe - tutti i principali diritti costituzionali.
Ma non è questo il punto. Il governo golpista non durerà a lungo, stretto tra le pressioni popolari e l’isolamento internazionale. Il punto è che nessun giornale degno di questo nome ha riportato i fatti ragionandoci sopra, cercando risposte, investigando su più fonti. In sostanza, facendo quello che ci si aspetta faccia il giornalismo: spiegare la realtà. Non semplificarla, appiattendola sulla ripetizione ossessiva di passaparola vuoti di significato e valore.
Questi sono i fatti come me li hanno riportati testimoni diretti come Carlos Penalver o come COFADEH, Sergio Fernando Bahr Caballero, Luisa Cruz, Alerta Libre e tanti altri che in questi giorni ho seguito su Facebook o sentito via e-mail e che raccontano di giovani nei quartieri poveri reclutati a forza dai militari, repressioni violente, televisioni chiuse, giornali e siti web oscurati. Mi chiedo quale sarebbe stata la mia opinione se non avessi avuto un canale diretto con l’Honduras. Mi chiedo quante volte ho avuto la sensazione di ascoltare notizie e leggere articoli che per fretta o distrazione ho preso per veri, perdendomi così pezzi essenziali di verità. Se anche l’informazione è diventata un’industria – non una professione, non un diritto/dovere essenziale – allora mi chiedo, infine, se la carta stampata deciderà di combattere sul piano della concorrenza le moderne, immateriali ma efficacissime, evoluzioni della comunicazione (da Facebook a Twitter passando per YouTube) o se preferirà giocare in ritirata, in nome dell’ormai purtroppo diffusa differenziazione tra “informazione di massa” e “informazione di qualità”. Tante domande mi faccio, le risposte ho come il sospetto che dovrò cercarmele da me. Un effetto positivo questa vicenda ce l’ha comunque avuto: portare il popole honduregno per strada, dargli finalmente lo stimolo per alzare la voce. Le foto sono gentile cortesia di chi è rimasto, per raccontare.