giovedì, dicembre 18, 2008

Anche bancariamente parlando

In Italia due milioni di famiglie vivono in condizioni di povertà e quasi un milione è a rischio povertà. Ciò significa che qualsiasi evento imprevisto può influire negativamente sul precario benessere familiare, spesso in maniera irreversibile. A dirlo non è soltanto l’Istat, ma soprattutto le testimonianze raccolte dalla Caritas in molte città italiane. Storie che parlano di famiglie comuni che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e sono costrette a indebitarsi o a ricorrere ai centri assistenziali, nonostante abbiano un lavoro e un reddito. Per queste persone l’accesso a un credito agevolato può diventare determinante per superare il momento di crisi. Da questa consapevolezza la Caritas della diocesi di Brescia, in collaborazione con tre banche di credito cooperativo della provincia ha avviato un progetto Microcredito Sociale, per concedere prestiti di piccolo ammontare a condizioni favorevoli a persone in situazioni di particolare difficoltà. Come funziona? Il meccanismo è semplice: la Caritas ha predisposto un fondo di garanzia di 45.000€, le tre BCC lo hanno moltiplicato per quattro, stanziando risorse per 180.000€ e hanno messo a disposizione tre ex dipendenti in pensione che, con la loro esperienza possono aiutare a trovare le soluzioni più adatte ai bisogni incontrati. Per accedere al microcredito bisogna rivolgersi a un “garante morale” che verifichi i requisiti e introduca la persona al progetto. In questo modo si è dato vita a una rete di soggetti che accompagnano l’individuo per tutto il periodo di difficoltà, ben oltre l’aspetto finanziario.
Un’analisi dei primi mesi di progetto ha evidenziato che chi accede al microcredito ha bisogni che vanno dalle spese scolastiche dei figli al pagamento della cauzione dell’affitto, all’acquisto di un’auto per recarsi al lavoro, ma soprattutto per estinguere debiti pregressi, sintomo di una società che vede nel consumo un obiettivo irrinunciabile e sta perdendo il senso di un uso consapevole delle risorse a disposizione. Bisogna sottolineare che il microcredito non è un’attività di beneficienza. Ha in sé una dimensione economica importante, che punta a restituire dignità e autonomia alle persone. Dare soldi a fondo perduto sarebbe più facile, ma di certo non utile. Anche se concesso a condizioni particolari un prestito deve essere rimborsato, il debitore deve farsi carico degli impegni assunti. L’obiettivo del Microcredito Sociale è dunque più ambizioso del semplice prestare: punta ad accompagnare le persone verso una più consapevole gestione del denaro, responsabilizzarle sull’importanza del risparmio, inserirle in una rete che dia punti di riferimento e consigli. Per le tre BCC partecipare al progetto è stata una scelta naturale: le casse rurali in Italia sono nate per combattere l’usura e permettere l’accesso al credito alle categorie più deboli. Nei vecchi registri contabili delle casse rurali si scopre che i primi prestiti erano stati concessi per comprare sementi, aratri, una mucche. La vera scommessa, in quei casi, non era farsi restituire il prestito da gente umile, povera, ma il fatto di credere che da quell’aratro o da quelle sementi potesse scaturire il benessere futuro di quelle persone. Fare microcredito oggi vuol dire rinnovare quella fede, quella speranza di cento anni fa. Il progetto Microcredito Sociale può essere dunque riassunto in due elementi: una sfida e una speranza. La sfida è dimostrare che anche la solidarietà, se lungimirante, può essere efficiente: il prestito se ben gestito, a differenza della beneficienza, autoalimenta i fondi a disposizione e permette di arrivare a più persone, durare nel tempo. La speranza è che queste iniziative servano a ricondurre l’attenzione dai numeri all’uomo, con le sue debolezze, i suoi bisogni e i suoi progetti di futuro. Progetti che non sempre sono economicamente misurabili, ma che possono comunque essere degni di fiducia. Anche bancariamente parlando.

venerdì, dicembre 05, 2008

Je n'ai pas peur de la route
Faudra voir, faut qu'on y goûte
Des méandres au creux des reins
Et tout ira bien (là)
Le vent nous portera

Tout disparaîtra mais
Le vent nous portera

martedì, dicembre 02, 2008

Controluci di Natale

Nonostante i suoi 20 gradi al sole, anche Durango si prepara al Natale. Se da noi vanno di moda le luminarie natalizie, che fanno cosi atmosfera se accompagnate da qualche fiocco di neve, qui l'illuminazione si moltiplica per quattro, non c'è albero, palo della luce, balcone dei palazzi o semaforo che la scampi dal rivestimento navideno. Nella migliore tradizione latinoamericana, quello che conta è eccedere e a Durango, altopiano temperato situato nel cuore della mezzaluna messicana, nessuno vuol essere da meno. Mi aggiro nel tripudio di luci e lucine, mentre la gente come onda di formiche invade la piazza principale di chiacchiere e risate e mi chiedo se per una volta il Messico sia rimasto indenne dalla crisi. I messicani ci tengono ad essere chiamati nordamericani, per non confornderli con i vicini del centro - decisamente più poveri - e con i cugini del sud - decisamente un emisfero a parte. Con l'America targata USA, invece, sono tante le cose in comune: le maquilladoras, il trattato di libero commercio, la repubblica presidenziale, l'idiosincrasia per lo spostarsi a piedi e il mangiare salutare, una delle frontiere più trafficate del mondo, l'hobby di passare i sabati pomeriggio a spasso per il Mall, l'alto tasso di diabete e obesità, anche fra i più giovani. Eppure l'attuale crisi finanziaria non sembra aver scosso più di tanto Mexico City, nonostante il panorama bancario messicano sia popolato quasi esclusivamente da banche straniere. Un Natale tranquillo dunque, per gli Stati Uniti del Messico. Eppure....
Eppure qualche cambiamento c'è stato. Le crisi finanziarie sono le più subdole, le uniche in grado di innescare in pochissimo tempo una diffusione sistemica di malanni e crepe. Per questo non c'è da stupirsi se il primo campanello di allarme per il Messico non sia da ricercare nei bilanci delle banche, ma nei dati demografici. Negli ultimi sei mesi i flussi migratori si sono invertiti. Nonostante le traversie affrontate per passare in terra statunitense, la gente - soprattutto quella in possesso di visto - ritorna a casa. E non certo per festeggiare il Natale. La crisi dell'economia reale americana ha aperto le porte allo spettro della disoccupazione anche e soprattutto per gli immigrati latini, che fino ad oggi con le loro rimesse hanno contribuito sostanzialmente alla crescita del Pil dei rispettivi paesi di origine. L'impossibilità di mantenersi nella terra del fast food e generare al tempo stesso un reddito sufficiente per inviare risparmi a casa li ha convinti ad intraprendere la strada all'inverso. Un dato preoccupante per il Messico, per cui le rimesse negli ultimi anni hanno rappresentato la seconda entrata del paese, dopo il petrolio.
Durango è uno dei paesi della federazione con il più alto tasso di immigrazione: si stima che circa il 30% della popolazione economicamente attiva viva attualmente negli USA. Di solito il ritorno in patria coincide con il raggiungimento del benessere economico, in questo caso parliamo di una misura di emergenza: tra essere disoccupati a Chicago e essere disoccupati a Durango, meglio Durango. Dove la vita costa meno, la gente è sempre sorridente, non vieni trattato da cittadino di seconda mano e nell'informalità si trova sempre un modo per potersi arrangiare. Solo che nel tempo gli standard di vita mantenuti dalle rimesse calano, i posti di lavoro che Città del Messico promette di creare attraverso le grandi opere pubbliche non sono comunque sufficienti per assorbire i nuovi flussi in entrata e cresce in modo preoccupante il tasso di criminalità dovuto, secondo studi dell'Università locale, proprio alla mancanza di occupazione. Dati alla mano, forse le luci Natalizie di Durango appaiono in un certo senso meno luminose, ma per i messicani le nuvole oscure che si ammassano all'orizzonte non sono mai un buon motivo per non festeggiare. Il presente è ciò che conta e nel presente, seppur incerto, !que viva Mexico! Con un di pazienza la locomotiva americana si rimetterà in moto e comincerà ad emergere con ancora più chiarezza che i posti vacanti lasciati dagli emigrati tornati in patria sono un costo insostenibile per un paese che ha l'ambizione di continuare a crescere. Intanto i ladinos emigrati in Italia sembrano immuni all’austerità europea, obbedendo alla lettera all’incitamento del primo ministro dello stato che li ospita: consumano, riempiendo bagagli a mano straripanti e gonfi. Con buona pace di chi attende pazientemente in fila la possibilità di raggiungere il proprio posto, incastrato tra il cicaleccio di due simpatiche signore messicane e lo spazio ingombrato dai loro vistosissimi regali di Natale.

Fonte foto: Messico, novembre 2008 letiziajp ©