martedì, novembre 27, 2007

Nave...fuori dal mare

Mark Ford è nato a Los Angeles in un aprile qualunque degli irruenti fine anni sessanta e io lo ammetto, proprio non l'avevo mai sentito nominare. Ma è una pecca mia, quella di non ricordarmi i nomi, per cui ci ho fatto poco caso quando domenica sera - un giorno freddissimo e umido - mi hanno detto entusiasti e basiti che si andava tutti al Teatro San Costanzo di Nave a sentire Mark Ford.
Per fortuna ci pensa sempre il mio "gruppo spalla" ad alfabetizzarmi la memoria, e allora dietro l'entusiasmo ho capito anche il perché dello stupore. Scopro che Mark Ford è il famosissimo chitarrista americano che si è permesso il lusso di suonare nei Black Crows e con Ben Harper per poi abbandonarli entrambi, per lanciarsi proprio in questi giorni in una tourné italiana a dir poco bizzarra, sia per la composizione picassiana dalla band che per la scelta originale delle location.
Appunto, la location, e veniamo allo sgomento sghignazzante dei miei accompagnatori. Nave è un comune di 10.000 abitanti situato nella Valle del Garza, insomma, Provincia di Brescia. E il Teatro San Costanzo è nientemeno che il teatro dell'Oratorio di Nave, di quelli con le poltroncine blu di velluto, il doppiopalco per gli spettacoli di Natale degli scout e il bar subito fuori gestito dalla perpetua di turno, che vende patatine, golosine e coca cola a prezzi calmierati. Domenica sera avevano anche la birra, non si sa se per politica fissa o se hanno fatto un'eccezzione vista l'occasione.
Insomma, uno spettacolo..surreale...Mark Ford, lo stesso che accompagnava i virtuosismi di Ben H. in un magico luglio di poco tempo fa, al ritmo di Welcome to the Cruel World, domenica sera ha portato la sua famosissima chitarra fino al Teatro parrocchiale di Nave, dove la sua faccia sulla locandina era stata appiccicata sopra agli orari della programmazione di Ratatouille e a fianco del recital di fine anno. Come a dire che anche nei posti più impensabili, quando pensi che sei finito a vivere in una landa desolata, basta guardarsi bene attorno per trovare perle rare a prezzi decisamente onesti. E che in fondo non importa tanto il tempo, lo spazio o il prestigio di chi ti accompagna, ma la passione che ti muove nella vita.

Fonte Foto

martedì, novembre 20, 2007

Prima l'uovo o la gallina?

Il conflitto armeno-azerbaigiano sorto sul territorio del Nagorno-Karabakh (1991 - ...) ha portato allo scellerato assassinio della popolazione azera che viveva in Armenia, una ferocia che ha portato all'esilio dai luoghi natii più di 300mila azeri. Desideriamo precisare anche che, quale conseguenza dei pogrom commessi dagli armeni nella città azera di Khodjaly, sono state assassinate decine di migliaia di persone innocenti: bambini, donne e anziani, con la totale distruzione della stessa città! E' stato a tutti gli effetti un genocidio nei confronti del popolo azero. (...) Purtroppo però l'Armenia a assunto una posizione fermamente contraria alla soluzione costruttiva del problema, creando cosi una forte instabilità in tutta l'area Transcaucasica. (Emil Karmov, Ambasciatore dell'Azerbaigian, da Internazionale 19/10/2007)

La Commissione affari esteri della camera dei rappresentanti americana ha approvato una risoluzione che riconosce il genocidio degli armeni tra il 1915 e il 1917 all'epoca dell'Impero Ottomano. Il testo, che sarà ora sottoposto all'intera assemblea, è stato approvato nonostante l'opposizione del presidente Bush. Il governo turco ha minacciato ritorsioni, mentre il parlamento ha dato il via libera alle operazioni nel nord dell'Iraq contro i ribelli curdi. (Schiaffo ad Ankara, da Internazionale del 19/10/2007)

mercoledì, novembre 07, 2007

Pisco e "sicsapa"

Il Perù è ricco, il Perù è povero. Tutto vero e tutto falso e tutte e due le cose insieme. Questa volta il lavoro prevedeva spostamenti oltre il confine degli uffici governativi e finalmente Lima mi ha svelato le sue periferie malconce, mentre imboccavo la strada per Rioja, 900 chilometri più a nord. Viaggiare fuori da Lima permette di capire cosa vuol dire realmente urgenza di decentralizzazione, la santa missione laica del presidente della repubblica Alan Garcia: la finanza, i flussi di denaro, le infrastrutture, i quartieri alla moda, le multinazionali e le fabbriche operaie, il cuore vivo e pulsante dell'economia sono una prerogativa della sola capitale, un involucro di 8 milioni di abitanti in un paese che ne ospita 28. Questa è Lima e fuori di lei, oltre i limiti brevi dei suoi quartieri popolari, si sviluppa un territorio ricco di potenzialità umane e naturali ancora trascurato, disertato come una casa da cui si vuole solo fuggire, incapace di trovare alternative appetibili in grado di intaccare il centro gravitazionale della capitale. Intanto il potere contrattuale di Lima - capace di spostare capitali come sassetti nel mare - cresce e influenza indirettamente le scelte di spesa, secondo una logica dubbia del "chi più tasse paga più si aspetta in ritorno".

Mi guardo intorno a Rioja, città di selva e di frontiera, e quello che vedo è in gran parte povertà. Eppure, anche se cosi distante dai quartieri eleganti e torniti di Miraflores e San Isidro, lontano dai fasti della capitale, il paesaggio di Rioja conserva la dignità dei paesi umili, dove una vegetazione rigogliosa e florida, baciata da un sole che Lima non vede mai, rende discreta e pulita anche la povertà più estrema delle baracche di paglia e fango ai due lati della strada.
La cooperativa di credito al posto del bancomat ha una cassiera sorridente seduta dietro ad uno sportello troppo alto per il suo metro e cinquanta, che fino alle dieci di sera offre servizio di prelievo e versamento ad una fila ordinata e composta di gente arrivata dopo l'orario di chiusura ufficiale. Le strade secondarie sono di terra battuta, la guida che mi ha accompagnato nel parco di Tioyacu ha nove anni e di andare a scuola non ne vuole sapere, la gente del posto vive di agricoltura e il narcotraffico è una realtà silenziosa e strisciante che toglie il sonno ai potenti locali. L'aeroporto di Tarapoto è in continuo rifacimento e qualche nuvola bassa mi ha lasciato a piedi per due giorni. Ma tutto l'insieme ha la sua forza, il suo prorompente colore, la sua incontrastata dignità. Pian piano Lima deporrà la corona e la gente smetterà di migrare come un fiume lento verso la grande città, per scoprire che anche fuori dalla propria casa, tra la propria gente, anche li dove la terra è polvere e il cielo uno specchio infuocato, anche nei posti più dimenticati lo Stato sta promettendo di investire. Politiche e ridistribuzione delle risorse riporteranno al Perù all'antico splendore.

Nel frattempo la vita scorre vivace e festosa, nella spinta della semplicità ricca del popolo latinoamericano, sempre in grado di sorridere, di accogliere, di ospitare nelle braccia aperte della propria casa, dove cosi tante volte ho potuto assaggiare pezzetti di cultura e umanità che nessun libro potrà mai raccontare. Anche stavolta l'America latina mi ha lasciato perle della sua saggezza, sociale e culinaria: tra le usanze più antiche ricordo il Sebinacuy, parola quetchua che per gli antichi popoli indicava la pratica - molto diffusa - della convivenza prima del matrimonio, per avvicinare le giovani coppie ad una scelta consapevole del fatidico "per sempre". Mentre in cucina, si sa, le perle sono rare. Questa qui ve la lascio sulla fiducia, perché stavolta un atavico istinto ha prevalso sulla curiosità e non sono riuscita ad assaggiare. Dicono che siano buonissime, stesso sapore del mais tostato annaffiato di pisco fresco. Si chiamano Sicsapa e sono formiche, nere e grasse. La modernità sposata alla tradizione, nulla mai si perde realmente, l'America latina è un continente contraddittorio che vale sempre la pena di scoprire.
Foto: Peru, ottobre 2007 - letiziajp ©

martedì, novembre 06, 2007

Ciao Enzo, buon viaggio...

I protagonisti per me sono ancora i fatti, quelli che hanno segnato una generazione: partiremo da uno di questi, e faremo un passo indietro per farne un altro, piccolo, avanti. Senza intenzione di commemorarci.