venerdì, luglio 25, 2008

Gastroturbamenti

Secondo le ultime statistiche sono dodici milioni gli italiani affetti da gastrite. Quali sono le cause? Se si esclude la recentissima scoperta del minuscolo e insidiosissimo batterio dell' Helicobacter pyilori (ormai presente nella maggior parte dei casi), il resto dei motivi possono essere in larga parte ricondotti allo.....stress. Leggo: "Lo stress può provocare un’eccessiva secrezione di acidi da parte dello stomaco, e quindi anch'esso rientra tra le cause che provocano la gastrite". Mi ci vedo, proprio qui, ai confini di una eccessiva secrezione di acidi, colpevole di una settimana piegata in due a guardare il mondo da sotto in su. Mai succeso prima, forse non è neanche un caso che la botta sia arrivata allo scadere dei fatidici trenta, gli anni, si sa, chiedono sempre il conto per poter passare...Ho avuto tempo per riflettere in quella infernale settimana, mentre la mente vagava alla disperata ricerca di quel punto esatto un pò più in su dell'ombelico, alla ricerca dell'origine del dolore. Dicono che utilizziamo soltanto una piccola percentuale del nostro cervello, io ho provato - senza successo - di svegliare il restante 90% nella speranza che ricordasse come si fa ad annullare il dolore, semplicemente annullando il pensiero del dolore. In fondo è ironico, siamo esseri intelligenti ma di fronte a condizioni di eccessivo stress è sempre il nostro corpo, quasi mai la mente, a imporre un cambio di marcia. O di direzione.
Viviamo circondati di sostanze immateriali che ci sembrano fondamentali - questioni di lavoro, rapporti tra persone, legami di dipendenza - e non siamo capaci di un atto tanto banale come controllare il nostro dolore. Che esseri stupidi che siamo in fondo, nel senso etimologico del termine ereditato dal latino: stupidus, derivazione di stupere (stupire). Presi dunque dallo stupore, attoniti, sbalorditi da questo nostro motore interiore che ci fa affliggere per le cose più banali del mondo: il lavoro, la famiglia, le preoccupazioni quotidiane. Cose fondamentali per il nostro benessere e che per questo dovremmo prendere più alla leggera. Per viverle bene, fino in fondo, sapendo ridere di noi stessi per la natura stessa della nostra caducità. Non possiamo controllare il nostro corpo, come possiamo pensare di influire anche solo minimamente sul corso dell'esistenza (soprattutto quando include l'esistenza degli altri)? Un lungo respiro, due pasticche chimicissime e la gastrite è scomparsa, sono di nuovo in forma. Di lei è rimasta però l'ombra che lasciano le cose incompiute: la mia purificazione interiore inizia proprio là dove l'avevo lasciata. Da domani sono in ferie e mi aspetta un lungo, solitario, viaggio in treno. Con Ben Harper nelle orecchie, che ieri sera all'arena di Villafranca di Verona mi ha di nuovo regalato il momento magico vissuto due anni fa - non sospetta neanche, lui, quanto sia stato importate. Non si possono vivere gli stessi istanti due volte, ma le suggestioni che lasciano sono come scie di ricordi perduti. Quando li ritrovi è come ritrovare una parte di te che pensavi ormai estinta. Invece non si perde mai niente, è sempre tutto lì, dentro di noi. Se non ci facciamo inquinare dall'eccesso di succhi gastrici prodotti dal nostro cervello, ci ricorderemo che in fondo possiamo cambiare il mondo, soltanto con l'aiuto delle nostre due mani.

lunedì, luglio 21, 2008

Dice il mio oroscopo....

"la fantasia, che vi porta lontano da voi, quasi fuori dal corpo, non è fuga malinconica dal mondo, ma stile personalissimo di attraversarlo."

Posso tranquillizzarmi, almeno per il mese di agosto.,..

giovedì, luglio 17, 2008

Pasta, pizza e...?

"Capitale sociale, ambiente, qualità della vita, senso della bellezza, storia. Tutto questo compone una miscela di fattori materiali e immateriali in grado di creare un modello di sviluppo specifico, con una dimensione di ricchezza che non si limita alle cifre puramente economiche" (Paolo Bricco, Più qualità nella crescita", Sole24Ore 17/06/2008)

Per Emerte Realacci, recensito da Paolo Bricco, la qualità è un valore che le statistiche internazionali sottovalutano e che invece costituirebbe quel plus che ci permetterebbe di conquistare nuove fette di mercato, a discapito delle più pessimistiche previsioni di una crescita allo 0,4% e statistiche mondiali che ci vogliono impietosamente sempre tra gli ultimi della classe. Ma in fondo, basterà mettere un marchio Made In Italy - nuovo di zecca, luccicante e innovativo - appiccicato sopra la solita "pasta piazza e mandolino", per vederci di colpo schizzare in alto nelle classifiche che tengono conto della qualità? Ho come l'impressione che del marchio abbiamo già abusato, forse ci vuole una cultura diversa anche nel saper fare... e che questo non possa prescindere dall'innovazione, prima di tutto innovando nel modo in cui ci vedono gli altri, fuori da questo caro, vecchio, sclerotico stivale. Del resto conta molto "come ci vedono gli altri", molto di più di come siamo realmente. In fondo è proprio questo che voleva dire Realacci ma, volendo banalizzare, le conclusioni a cui arriva sono per certi versi italianissime: certo abbiamo i nostri limiti (il Sud?) ma per la maggior parte delle cose sono loro ad aver sbagliato indicatori, per questo dalle statistiche risultiamo appiattiti...manca la dimensione qualitative della nostra bravura! Invece io credo che al di là del contenuto (...senso della bellezza, storia...) è la forma in cui viene presentato a fare la differenza, almeno in un mondo che vive di "breve periodo". E ainoi, nonostante il nostro didentro amalgami egregiamente le vicissitudini più o meno gloriose di grandi uomini, riusciamo sempre a presentarci all'esterno con un certo fragoroso baccano. Forse è quel nostro assiduo gesticolare che alla lunga ci frega, gli altri restano a guardarci a bocca aperta, ma non sai mai fino in fondo quanto riescano a capire....

mercoledì, luglio 16, 2008

Piccoli campioni d'Europa

Da Bruxelles arriva un importante riconoscimento del ruolo attivo delle banche di credito cooperativo nel favorire l'inclusione finanziaria in Europa, grazie alla solida relazione con i loro soci, clienti e comunità locali. Questa certezza è uno dei segnali più significativi emersi dal rapporto finale della Commissione Europea sulla “fornitura di servizi finanziari e prevenzione dell’esclusione finanziaria” presentato a maggio a Bruxelles. Nel rapporto le banche di credito cooperativo sono definite “organizzazioni commerciali con orientamento sociale”. In effetti, la struttura societaria delle banche di credito cooperativo definisce una mission orientata alla massimizzazione del valore per i propri soci, con numerosi esempi di iniziative attivate per contrastare l’esclusione sociale: dallo sviluppo di nuovi prodotti e servizi alla creazione di partnership per diffondere l’educazione finanziaria tra i soci. Inoltre, grazie all’appartenenza alla solida struttura a network decentralizzata, le banche di credito cooperativo riescono ad offrire servizi anche nelle aree più remote, permettendo una copertura bancaria estesa a tutti, anche al di fuori delle zone urbane. A livello Europeo le banche di credito cooperativo sono rappresentante dall’EACB (European Association of Co-operative banks). Fondata nel 1970, l’organizzazione promuove la cooperazione tra i soci e rappresenta il settore sia di fronte alle Istituzioni Comunitarie che presso la Banca Centrale Europea. Le banche di credito cooperativo a livello europeo rappresentano 47 milioni di soci, danno lavoro a 730.000 persone e hanno in media una quota di mercato del 20%.
La presa di coscienza della Commissione Europea è tanto più significativa se si considera che il modello della cooperazione di credito è stato a lungo assente dalla letteratura scientifica in materia: soltanto l'1% della ricerca economica in Europa è dedicata alle banche cooperative, nonostante rivestano un ruolo chiave nei sistemi bancari e finanziari europei.
Al proposito, la EACB ha recentemente creato un think thank europeo sul credito cooperativo, con sede a Bruxelles, che avrà lo scopo di raccogliere il materiale esistente sul tema e distribuirlo al più vasto pubblico. Nel medio periodo, l'obiettivo sarà anche quello di produrre nuove ricerche che vadano a colmare le lacune oggi esistenti e forniscano degli input rigorosi alle Istituzioni Europee e alle Organizzazioni Internazionali in sede di produzione normativa.

lunedì, luglio 14, 2008

Violazione dell'integrità, l'amore

Ho cercato a lungo una definizione consona, tra le pieghe dei pensieri altrui, le parole di qualche canzone illuminata, la penna audace di un temerario scrittore. E poi, rileggendo un po' stranita un po' nauseata le frasi sottolineate a matita nei libri della mia adolescenza, mi sono arresa all'idea che una definizione non esista se non nel momento storico in cui la vivi, una storia d'amore.
Poi l'altro giorno, nei miei ormai routinari passaggi Brescia-Milano e viceversa, mi sono imbattuta in una copia di un giornale già letto, abbandonata tra i sedili di un vuotissimo Eurostar. L'ho sfogliata lentamente, più per noia che per reale vivacità letteraria e mi sono imbattuta in qualcosa di illuminante, una di quelle cose che prima di averle incontrate non c'erano in te e quindi, in fondo, porti a casa qualcosa di nuovo.
Era Umberto Galimberti, che rispondeva al solito lettore avanguardista, che disilluso e civilizzato diceva di non credere più alla sostanza spirituale di "innamoramento, amore, matrimonio e le varie forme di consolidamento dei rapporti di coppia". E Galimberti, con poche righe audaci, sentite cosa gli risponde: " Una sorta di rottura da sé perché l'altro lo attraversi. Questo è l'amore. Non una ricerca di sé ma dell'altro, che sia in grado, naturalmente a nostro rischio, di spezzare la nostra autonomia, di alterare la nostra identità, squilibrandola nelle sue difese. L'altro infatti, se non passa vicino a me come noi passiamo vicino ai muri,mi altera. e senza questa alterazione che mi spezza, mi incrina, mi espone, come posso essere attraversato dall'altro, che è poi il solo che possa consentirmi di essere, oltre a me stesso, altro da me? L'amore non è la ricerca della propria segreta soggettività, che non si riesce a reperire nel vivere sociale. Amore è piuttosto l'espropriazione della soggettività...per questo amore non è una cosa tranquilla, non è delicatezza, confidenza, conforto. Amore non è comprensione, condivisione, gentilezza, rispetto, passione che tocca l'anima o che contamina i corpi. Amore non è silenzio, domanda, risposta, suggello di fede eterna, lacerazione di intenzioni un tempo congiunte, tradimento di promesse mancate, naufragio di sogni svelati. Amore è violazione dell'integrità degli individui. La sola cosa capace di aprirci all'altro."