mercoledì, ottobre 24, 2007

Una legge per il web: disciplina o bavaglio?

Un disegno di legge licenziato dal Cdm lascia intravedere l'obbligo di iscrizione al registro per chi ha attività editoriali, forse anche per chi ha un blog o un sito. Aumenterebbero quindi anche per i "piccoli" su Internet spese e sanzioni penali. Il sottosegretario Levi: "Non è questo lo spirito, deciderà l'Autorità".

leggi Aldo Fontanarosa, Repubblica, 19/10/2007

martedì, ottobre 23, 2007

He's back.....

.... more pics coming soon....

Foto: Ivan (Kilimangiaro, Tanzania 5-21 ottobre) ©

venerdì, ottobre 19, 2007

Il mercato delle b(o)lle

Sul finire dell'ottocento un comunissimo farmacista di Atlanta, il dott. John Styth Pemberton, dava alla luce quella che di li a poco tempo si sarebbe rivelata la più redditizia delle alchimie: era il 1886, la data di nascita della Coca Cola.
Inventata come un rimedio efficace per qualsiasi male, la bevanda con le bolle uscì illesa da tutti gli attacchi volti a mettere in dubbio la presunta insalubrità dei suoi misteriosi ingredienti, per arrivare fino a noi quasi intatta, trasformata da versione liquida dell'aspirina a colosso mondialmente incontrastato delle bibite analcoliche.
Però qualcosa ad un certo punto deve essere andato storto. Sarà il momento storico delle lotte epocali ai grassi e calorie - soprattutto nella patria sovrappeso di Mc Donald e patatine. Sarà che all'attenzione maggiore che prestiamo alla linea si asocia per fortuna una più profonda e urgente attenzione alla salute - nostra e dell'ambiente in cui viviamo. Qualsiasi cosa sia stata, si dà il fatto che il modello Coca Cola ha cominciato a scricchiolare, trascinando con sè la Pepsi, concorrente diventata socia di sventura. Il primo colpo l'ha lanciato la comunità scientifica statunitense, che ha recentemetne puntanto il dito contro la pratica della Coca Cola e della Pepsi di sostituire il saccarosio proveniente dalla canna da zucchero con un più conveniente - dal punto di vista esclusivamente economico - concentrato di fruttosio proveniente da mais OGM.

Una volta creata la crepa, l'acqua - gassata? - comincia ad entrare e mina le basi precarie della salubrità delle sorelle Coca & Pepsi. A inizio 2007 la Chicago Medical Association ha proposto una tassa aggiuntiva sulle suddette bevande - i cui dolcificanti sono una delle maggiori cause di obesità infantile - per dedicarne i proventi a campagne di educazione alla salute.
E non bisogna pensare che si tratti solo di una crociata americana contro una propria creazione. Nell'agosto del 2006 lo stato indiano del Kerala (!) ha vietato alla Coca Cola e alla Pepsi la produzione e la vendita delle loro bevande in tutta la regione (!!!) dopo che un'indagine del Centro per la scienza e l'ambiente di New Delhi aveva rinvenuto residui di pesticidi nelle bibite, in quantità 24 volte superiori ai limiti indiani (!!!!!!!!).
Per non parlare che in India il mais - preferito dalle multinazionali per i motivi suddetti- impoverisce i contadini, perchè sostituisce le coltivazioni locali di canna da zucchero. Se si considera poi che per produrre un litro di Coca Cola servono nove litri di acqua, si capiscono anche le ragioni dietro alle denunce avanzate nello stato del Kerala per inquinamento dei terreni e furto di acqua destinata all'irrigazione e al consumo umano. Nel Kerala sono stati prosciugati 260 pozzi.

Che ironia che tanti attentati alla nostra salute derivino dall'invenzione fortunata di un farmacista, a cui di solito chiediamo piuttosto cure - non cause - per le nostre umanissime pene. Ma si sa, siamo esseri irrazionali, a volte anche l'informazione più efficace non serve a farci desistere dalla tentazione. Finchè continueremo ad essere entusiasti e affezzionatissimi consumatori ci sarà mercato, salutare o no che sia.

lunedì, ottobre 15, 2007

Il Danubio passa per dieci Paesi

In aeroporto ho provato il pizzicorio di quei film dove l'eroe vince la monotonia del quotidiano infilandosi nel primo aereo in partenza da NY. Solo che io non ero a NY ma in una banalissima Malpensa e il mio aereo non era proprio a caso, ma quasi. Destinazione Belgrado, classica decisione last minute e un week-end di quelli strani nel mezzo, dove la sensazione che mi rimane non è di tempo, di spazio ma piuttosto di suoni e sapori.

A Belgrado ci ho pensato un sacco di volte, perché la mia amica Vera vive là e per me e la Moki è stato per un po' uno di quei viaggi-miraggi, da tirar fuori nei momenti di asfissia sociolavorativa, come oasi ideale per ricaricare umanissime batterie. Poi abbiamo smesso di pensarci e allora si, siamo finalmente partite. Dai Balcani mi aspettavo i ritmi improbabili dei film di Kosturica e gli squarci crudi e tristi a cui mi aveva abituato la Slovenia di fine anni 90. Da Belgrado non mi aspettavo niente, se non l'immaginario distorto da tanti racconti e l'entusiasmo di chi c'era stato prima di me. Ho trovato gli stessi mercati di Tegucigalpa, con gli equilibri precari di frutta e verdura, ma con volti diversi dietro i banchi, più affilati, inspigoliti da quella lingua costantemente interrotta da consonanti impronunciabili. Tutto così umanamente diverso dai paesaggi a cui mi ha abituato l'America Latina!

Non so se mi è piaciuta Belgrado in , la città intendo, o piuttosto l'incredibile coincidenza di equilibri tra tutti noi, coinquilini improvvisati a casa di V. Ho tutti i sensi falsati da un week-end che mi è sembrato una lunga interminabile notte, fatta di chiacchierate fitte, ricordi intensi, sensazioni riscoperte come dopo una conversazione interrotta, tre o quattro anni fa.
Belgrado è grigia nei giorni d'inverno, di un freddo pungente e secco. La mia prima mezz'ora di camminata in Serbia mi ha messo addosso la stessa desolazione che provavo ogni volta che da Gorizia passavamo la frontiera per andare a Nova Goriza, per andare a vedere cosa voleva dire Europa dell'Est.
Poi si è aperto il cielo e si sono aperte le piazze su parchi verdi e fitti, passaggi più ampi in una lunga camminata fino al Danubio, il fiume evocativo dei libri di Magris e di qualche riminiscenza sbiadita dell'università.
Fa bene ogni tanto sentirsi smarriti, sperimentare su di se lo stordimento del migrante, analfabeta della lingua locale in balia della compassione degli autoctoni. Mi viene in mente una scena sul treno Bologna- Ancona. Un gruppo di slavi cercava di chiedere informazioni in un italiano sgrammaticato e la gente passava oltre accelerando, come fossero fatti d'aria, come se il solo fatto di non parlare italiano (o essere tutti indistintamente e comunque "albanesi"?) giustificasse l'espressione di fastidio e disapprovazione. Per fortuna i serbi sono un popolo accogliente, il tassista all'aeroporto mi ha perfino prestato il suo cellulare.

Belgrado è una città di giovani in fermento, che ha davanti a se l'epoca della ricostruzione, che vive un presente geografico e storico fatto di mille contraddizioni in movimento da cui si alimentano speranze, sogni, spazi vivi di futuro. Ho capito cosi poco in queste poche ore, certi viaggi lasciano in eredità solo l'urgente bisogno di approfondire. Dentro la mia idea di Belgrado ci ho messo un po' di tutto: i vicoli di Bruxelles con i tamvia traballanti, i mercati del Centro America, pezzi dei viali di Buenos Aires. Per fortuna Vera si è prodigata a raccontarci un po' di storia e la città alla fine nella mia mente ha ripreso il giusto posto in un continente frammentato, ancora profondamente diviso nelle sue battagliere etnie, dove tutti parlano la stessa lingua ma la chiamano in modo diverso per giustificare la finzione di non capirsi. La guerra alle spalle, cosi vicina anche a noi: dal mio lato di Adriatico qualcuno racconta di aver sentito le bombe cadere. E la questione sempre aperta dello status di un Kosovo che si vede solo indipendente, lascia scoperte tutte le contraddizioni di questo lembo d'Europa che risponde alle logiche delle zolle terrestri, in perenne stato di precario assestamento.

Insomma, lascio Belgrado con poche certezze, con il sapore buono della capacità innata che abbiamo di ricreare le atmosfere vivide dell'amicizia in ogni contesto, ad ogni incontro. E poi mi resta l'orgoglio un po' infantile di sentirmi speciale, perché quando vado a trovare i miei amici non attraverso mai la strada o un isolato, ma come minimo devo farmi un'ora di aereo o dieci di treno. Il privilegio indiscusso di sentirsi sempre dentro ad un viaggio, dove il cibo e gli usi locali sono sempre per forza di cose sapori da scoprire. Stavolta è toccato ai cevapcici annaffiati di rakia (letto "racchia"), mentre l'accesso ad Internet broadband ci permetteva di risolvere l'ennesimo dubbio atavico: quanti Stati attraversa il Danubio nel suo viaggio verso il mar nero?

Foto: Belgrado - Serbia, 12-15 ottobre 2007, letiziajp © (peccato la macchia un po' scadente rubata all'ufficio... la mia Nokia (...Panasonic!!!) nello stesso momento era sulla vetta del Kilimangiaro...tutta un'altra storia da raccontare)

giovedì, ottobre 11, 2007

Festival per l'Economia Interculturale

Dal 12 al 20 ottobre si svolgerà in diverse città italiane (Milano, Torino, Biella, Cossato) la prima edizione di un Festival tutto dedicato all'Economia Interculturale. Cosa vuol dire?
La manifestazione nasce dalla volontà di valorizzare l'economia nella sua dimensione tridimensionale, fatta non solo di formule e numeri ma anche di colori, espressioni e scelte imprenditoriali multiformi, che dipendono dalla cultura, dalla provenienza etnica, anagrafica e sessuale di chi le esprime.


Per saperne di più, articolo completo e programma su Popolis

martedì, ottobre 09, 2007

Massambalo?

"Chi?" chiese l'uomo avvolto in una coperta
"Il dio dei migranti" rispose con calma l'ivoriano.
"Come l'hai chiamato?"
"Massambalo. hamassala o El-Rasthu" rispose "ha molti nomi. vive da qualche parte in Africa, sottoterra, dentro un buco da cui non esce mai".
"E come fai a capire che aspetto ha?" chiese un ragazzo con espressione circospetta.
"Non lo so" riprese quello che raccontava" ma ci sono degli spiriti che viaggiano per conto suo. Li chiamano le ombre di Massambalo. Percorrono il continente, dal Senegal allo Zaire, dall'Algeria al Benin. le ombre non dicono nulla ma attraverso i loro occhi Massambalo vede il mondo, guarda ciò che loro guardano, sente ciò che loro sentono. Così veglia sulle centinaia di migliaia di uomini che hanno lasciato la loro terra. Non parlano e non dicono mai chi sono, sta al viaggiatore indovinare la loro identità. Se ci riesce deve avvicinarsi lentamente, con rispetto e fare una semplice domanda: Massambalo?. Se l'ombra annuisce allora può lasciare un dono. l'ombra di Massambalo prende l'offerta e la conserva. E' il segno che il viaggio di quell'uomo andrà a buon fine, che il vecchio Dio veglierà su di lui." (Laurent Gaudé, Eldorado)

venerdì, ottobre 05, 2007

La geopolitica dei maglioncini

La United Colors torna a far discutere, questa volta con un risultato sorprendente: mettere Iran e Stati Uniti dallo stesso lato della barricata. La guerra in questione fortunatamente è solo dialettica e riguarda l'aggressiva campagna d'espansione commerciale del gruppo Benetton in Medio Oriente. In ogni caso nessuna pace fatta tra Teheran e Washington, l'imputato è lo stesso ma le similitudini finiscono qui. Le ire dell'Iran contro l'azienda di Porzano Veneto sono tutte ispirate alla morale e riguardano la cattiva influenza che la moda italiana potrebbe avere sulle donne iraniane. Le paure degli Stati Uniti vanno invece nella direzione opposta.
Essendo quotata nella Borsa Americana, nel corso degli ultimi mesi la Sec - la Consob USA - si è affrettata a chiedere alla Benetton rassicurazioni sul fatto che gli affari del gruppo italiano non stessero in qualche modo riempiendo le tasche del governo di Teheran, iscritto da tempo nella lista nera americana degli "Stati canaglia" insieme a Cuba e alla Siria. La questione con gli americani si è risolta con un "nulla da eccepire" della Sec e la battaglia politica iraniana non sembra preoccupare più di tanto la Benetton, che continua la sua campagna di espansione nella regione, dichiarando tramite un proprio portavoce che l'obiettivo "è quello di espanderci in modo capillare in tutte le più importanti città della Repubblica islamica".
Di certo l'espansione della United Colors nel mondo contribuirà più ai processi di omologazione delle mode che di risoluzione dei conflitti. E' anche vero che l'azienda è stata più volte attaccata per mancata responsabilità sociale, ma questa è un'altra storia, un altro capitolo da approfondire. Piuttosto, l'espansione dei colori e dei modelli di casa Benetton in un Medio Oriente in alcuni casi sempre più chiuso in se stesso, potrebbe contribuire indirettamente ad aprire spiragli nelle maglie di governi poco propensi a mettere in agenda la voce "libertà di espressione". Tema difficile e controverso che va ben oltre le tensioni geopolitiche di due governi nemici. Ma una nota positiva possiamo trovarla: finalmente è l'espansione di un'azienda di maglioncini a fare notizia e non quella di eserciti sul piede di guerra.

mercoledì, ottobre 03, 2007

Vacanze: diritto di tutti

Circa il 40% della popolazione Europea non va in vacanza, principalmente per motivi economici. Una forma di turismo sociale, sostenibile e accessibile potrebbe garantire a chiunque "il diritto alla vacanza" e, al tempo stesso, essere un'opportunità per lo sviluppo di molte comunità locali. I cosidetti "buoni vacanza" stanno diventando sempre più comuni all'interno delle imprese. Questo nuova forma di benefit potrebbe essere inclusa in un prossimo futuro anche negli accordi contrattuali.
Questa ed altre interessanti tematiche saranno oggetto del Forum Europeo sul Turismo Sociale che si terrà a Riva del Garda il prossimo 2-5 ottobre, organizzato dalla Federazione Trentina delle Cooperative. Per saperne di più: http://www.turismosociale.to/

The sky's the limit

Aconcagua, Argentina (6962 m)
Foto: Ivan! ©