martedì, dicembre 02, 2008

Controluci di Natale

Nonostante i suoi 20 gradi al sole, anche Durango si prepara al Natale. Se da noi vanno di moda le luminarie natalizie, che fanno cosi atmosfera se accompagnate da qualche fiocco di neve, qui l'illuminazione si moltiplica per quattro, non c'è albero, palo della luce, balcone dei palazzi o semaforo che la scampi dal rivestimento navideno. Nella migliore tradizione latinoamericana, quello che conta è eccedere e a Durango, altopiano temperato situato nel cuore della mezzaluna messicana, nessuno vuol essere da meno. Mi aggiro nel tripudio di luci e lucine, mentre la gente come onda di formiche invade la piazza principale di chiacchiere e risate e mi chiedo se per una volta il Messico sia rimasto indenne dalla crisi. I messicani ci tengono ad essere chiamati nordamericani, per non confornderli con i vicini del centro - decisamente più poveri - e con i cugini del sud - decisamente un emisfero a parte. Con l'America targata USA, invece, sono tante le cose in comune: le maquilladoras, il trattato di libero commercio, la repubblica presidenziale, l'idiosincrasia per lo spostarsi a piedi e il mangiare salutare, una delle frontiere più trafficate del mondo, l'hobby di passare i sabati pomeriggio a spasso per il Mall, l'alto tasso di diabete e obesità, anche fra i più giovani. Eppure l'attuale crisi finanziaria non sembra aver scosso più di tanto Mexico City, nonostante il panorama bancario messicano sia popolato quasi esclusivamente da banche straniere. Un Natale tranquillo dunque, per gli Stati Uniti del Messico. Eppure....
Eppure qualche cambiamento c'è stato. Le crisi finanziarie sono le più subdole, le uniche in grado di innescare in pochissimo tempo una diffusione sistemica di malanni e crepe. Per questo non c'è da stupirsi se il primo campanello di allarme per il Messico non sia da ricercare nei bilanci delle banche, ma nei dati demografici. Negli ultimi sei mesi i flussi migratori si sono invertiti. Nonostante le traversie affrontate per passare in terra statunitense, la gente - soprattutto quella in possesso di visto - ritorna a casa. E non certo per festeggiare il Natale. La crisi dell'economia reale americana ha aperto le porte allo spettro della disoccupazione anche e soprattutto per gli immigrati latini, che fino ad oggi con le loro rimesse hanno contribuito sostanzialmente alla crescita del Pil dei rispettivi paesi di origine. L'impossibilità di mantenersi nella terra del fast food e generare al tempo stesso un reddito sufficiente per inviare risparmi a casa li ha convinti ad intraprendere la strada all'inverso. Un dato preoccupante per il Messico, per cui le rimesse negli ultimi anni hanno rappresentato la seconda entrata del paese, dopo il petrolio.
Durango è uno dei paesi della federazione con il più alto tasso di immigrazione: si stima che circa il 30% della popolazione economicamente attiva viva attualmente negli USA. Di solito il ritorno in patria coincide con il raggiungimento del benessere economico, in questo caso parliamo di una misura di emergenza: tra essere disoccupati a Chicago e essere disoccupati a Durango, meglio Durango. Dove la vita costa meno, la gente è sempre sorridente, non vieni trattato da cittadino di seconda mano e nell'informalità si trova sempre un modo per potersi arrangiare. Solo che nel tempo gli standard di vita mantenuti dalle rimesse calano, i posti di lavoro che Città del Messico promette di creare attraverso le grandi opere pubbliche non sono comunque sufficienti per assorbire i nuovi flussi in entrata e cresce in modo preoccupante il tasso di criminalità dovuto, secondo studi dell'Università locale, proprio alla mancanza di occupazione. Dati alla mano, forse le luci Natalizie di Durango appaiono in un certo senso meno luminose, ma per i messicani le nuvole oscure che si ammassano all'orizzonte non sono mai un buon motivo per non festeggiare. Il presente è ciò che conta e nel presente, seppur incerto, !que viva Mexico! Con un di pazienza la locomotiva americana si rimetterà in moto e comincerà ad emergere con ancora più chiarezza che i posti vacanti lasciati dagli emigrati tornati in patria sono un costo insostenibile per un paese che ha l'ambizione di continuare a crescere. Intanto i ladinos emigrati in Italia sembrano immuni all’austerità europea, obbedendo alla lettera all’incitamento del primo ministro dello stato che li ospita: consumano, riempiendo bagagli a mano straripanti e gonfi. Con buona pace di chi attende pazientemente in fila la possibilità di raggiungere il proprio posto, incastrato tra il cicaleccio di due simpatiche signore messicane e lo spazio ingombrato dai loro vistosissimi regali di Natale.

Fonte foto: Messico, novembre 2008 letiziajp ©

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