Era ieri la storia che conta, l'Italia di persone che avevano fatto la guerra e tornavano lo stesso con i sogni stretti in tasca, vicini a tutti i valori ammaccati ma intonsi. Era ieri eppure è oggi. Enzo Biagi immortalò Eugenio Montale in un'intervista pubblicata nei primi anni 80 e alla domanda "quali sono secondo lei le maggiori virtù degli italiani?", il poeta rispondeva "hanno una grande forza di sopportazione, ma non dimostrano una sufficiente avversione per le mascalzonate che avvengono nella gestione degli affari pubblici, perchè loro stessi si sentono colpevoli, loro stessi farebbero così" (Testimone del tempo -Enzo Biagi, 1980)
Possiamo forse dire di essere cambiati? Cos'è che "era ieri" allora, cosa si è perso irrimediabilmente nelle pieghe della storia? La virtù o la pena? La speranza o il ricordo del terrore?
Enzo Biagi racconta e nella sue parole non scopro grandi verità nè false illusioni. E' un semplice uomo quello che è sorto tra le righe mentre leggevo, un uomo che tira un piccolo filo tra le vicende del suo destino, nel quale resto intrecciata, provando il dolore che lasciano le cose irrimediabilmente perdute. Una generazione di uomini che hanno creduto e hanno fatto credere che valesse la pena battersi per qualcosa di molto più grande di se stessi, la patria, il paese che i padri dovranno trasmettere ai figli. Uomini che non hanno eredi nel mio presente e mi chiedo a quali modelli poter far riferimento per discernere, capire, sviscerare la realtà.
"C'è chi sostiene che il potere dei mass-media è più forte di quello politico: non direi. Il diritto di parola ha in effetti ben poco valore se nessuno ascolta. Peggio, se si raccontano bugie, come spesso succede...però i fatti hanno una logica ineluttabile, prima o poi quello che è buono e quello che è cattivo viene fuori" (Era Ieri -Enzo Biagi p. 263)
Esistono parole che hanno il potere di arrivare lontano. Sarebbe bello se fossero sempre in mano ad uomini così.
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