lunedì, agosto 14, 2006

L’ORO VERDE CHE FECE L’IMPERO

Nata nel 1600 grazie al cospicuo contributo della regina Elisabetta I, la Compagnia delle Indie Inglesi è di fatto la prima multinazionale del mondo moderno, che trovò nel tè e nei tessuti la ragione della sua lunga e gloriosa esistenza. Nel 1613, la East Indian Company si trasforma in Società per Azioni e per tutto il Seicento e Settecento le sue azioni costituiscono l’investimento più redditizio per i mercati inglesi, con un dividendo annuo medio del 22%. Figlio del suo tempo e di un intuito lungimirante, Mr. Richard Twining decise in un non precisato giorno del 1787 di registrare col suo nome anche il tè che vendeva, dando inconsapevolmente vita al logo commerciale più antico del mondo. Candidato ideale al ruolo di protagonista nella storia dell’evoluzione del capitalismo mondiale, la fortuna del tè nella società britannica coincide con quella della Compagnia delle Indie. Nel momento del suo massimo splendore, il dazio che la Compagnia imponeva sul tè rappresentava il 10% delle entrate dello Stato. Fu proprio il suo potere economico a consentire alla Compagnia di essere formalmente riconosciuta dal governo inglese come l’amministratore dell’intero territorio del Bengala, contro l’esimio parere di un personaggio come Adam Smith, padre del libero mercato e proprio per questo contrario alla concessione di tanti privilegi in seno ad una sola impresa.
Ma la storia racconta anche di declini: il futuro sarebbe di lì a poco stato l’America e non l’umido Sud-Est Asiatico. L’India sarebbe rimasta il maggior produttore di spezie, ma i prodotti coloniali non avrebbero mai più raggiunto quei margini così allettanti che avevano spinto a suo tempo i portoghesi verso le rotte dell’Est. In ogni caso, era stato ormai impresso un marchio nella cultura britannica, che si sarebbe rivelato indelebile: quando nel 1858 la Compagnia delle Indie fu sciolta, il tè era già diventato bevanda nazionale e Twinings il suo veicolo più conosciuto in tutto il mondo. Appuntamento immancabile delle 5 di tutti i pomeriggi british da lì in futuro.

(Liberamente reinterpretato da, “Il sapore speziato del commercio”, Stefano Salis, Sole24Ore del 30 luglio 2006)
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