lunedì, agosto 28, 2006

LA STORIA SIAMO NOI

Non troveremo né uno scopo a livello nazionale né soddisfazione personale nella mera continuazione del progresso economico, nell'accumulare a non finire beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale basandoci sul Dow Jones, né i risultati della nazione basandoci sul Prodotto interno lordo.
Perché del Prodotto interno lordo fa parte l'inquinamento dell'aria, fanno parte le ambulanze che liberano le nostre autostrade dopo ogni carneficina. Fanno parte le serrature speciali per le porte delle nostre case e le celle per coloro che le scassinano. Il Prodotto interno lordo comprende la distruzione delle sequoie e la morte del Lago Superiore. Aumenta con la produzione di napalm e missili e testate nucleari... Include... la trasmissione di programmi televisivi che, per vendere merci ai nostri figli, glorificano la violenza.
E se il Prodotto interno lordo comprende tutto ciò, c'è anche molto che non comprende.
Non rende conto della salute dei nostri cari, della qualità della loro istruzione, del loro piacere di giocare. E'indifferente al carattere dignitoso delle nostre fabbriche come alla sicurezza delle nostre strade. Non include la bellezza della nostra poesia o la solidità dei nostri matrimoni, l'intelligenza del nostro dibattito pubblico o l'integrità dei nostri pubblici funzionari...
Il Prodotto interno lordo non misura né la nostra intelligenza né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra erudizione, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, insomma, tranne ciò che dà valore alla vita, e può dirci tutto sull'America, tranne se siamo fieri di essere americani.


(Discorso del Presidente Robert F. Kennedy per la campagna elettorale del 1968 - riportato dal Sole24Ore del 27 agosto 2006)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Strano che l'abbiano ucciso, come il fratello del resto....non me l'aspettavo...un paese così liberale e democratico eh...

Per quanto riguarda il PIL, Robert Kennedy è stato molto chiaro, preciso, puntuale.
E' veramente un incantesimo il fatto che i mercati finanziari spostino centinaia, forse migliaia, di milioni di euro e di dollari in base all'aumento o decremento di qualche decimo di punto percentuale del PIL, (o addirittura in base alla sola aspettativa di aumento o decremento minimo) destabilizzando intere economie.
Ma soprattutto è incredibile che i governi vivano in una sorta di continuo ricatto che àncora le loro scelte economiche-sociali-politiche al comportamento schizofrenico degli investitori internazionali, ai tassi di interesse e di cambio, alle aspettative razionali (o meglio poco razionali), a una logica che non pone il cittadino, o meglio l'uomo, al di sopra e al centro dei loro interventi gestionali, ma lo relega in una posizione subordinata alle variabili appena elencate, lo costringe a porsi al servizio del meccanismo economico che si è creato.
Non è piu' l'economia in funzione dell'uomo, ma quest'ultimo in funzione della prima.
Egli, l'uomo moderno, difficilmente puo' tendere al miglioramento della qualità della vita e alla ricerca della felicità perchè deve semplicemente rincorrere una posizione competitiva migliore di quella dei suoi simili(che siano un paese concorrente e confinante o il collega di lavoro) per mantenere privilegi fittizi, il cui mantenimento stesso è fonte di sofferenza,dolore,privazione, anomia,stress,malattia,stanchezza,infelicità.
Egli, l'uomo moderno, vede ogni minuto della sua vita scandito dallìossessione del "fare", ogni giorno riempito sino all'orlo, non gli resta nemmeno il tempo per avere coscienza di sè, deve crescere,produrre,migliorare,rincorrere affannosamente un obiettivo che è sempre piu' in là, sempre al di là della sua portata, cosi' come l'orizzonte per chi abbia la pretesa di raggiungerlo; è sempre perennemente sbilanciato in avanti e per non cadere è costretto a correre.
Egli, l'uomo moderno, non puo' raggiungere , per definizione, una posizione di equilibrio, non puo' stabilizzarsi (inficerebbe la crescita del PIL), non puo' calmarsi, non puo' stare solo con se stesso in estatica contemplazione, insomma non puo' stare fermo: da qui il senso di scacco esistenziale che prima o poi tocca tutti nel corso della nostra vita.
Egli, l'uomo moderno, si è ridotto a essere vittima poco consapevole o del tutto inconsapevole di se stesso, servo del meccanismo che si è creato, schiavo delle sue regole, in una sorta di perversa lesione cerebrale collettiva.

FRANCESCO MONALDI