giovedì, luglio 06, 2006

CAPITALISMO...BIOLOGICO...?

Dopo aver tanto parlato di prodotti “geneticamente modificati”, quando ho letto le prime righe di questo articolo ho tirato un affrettato sospiro di sollievo, poi mi sono insospettita e alla fine della lettura mi è rimasto un solo punto di domanda: c’è rimasto da qualche parte nel mondo qualcosa di totalmente commestibile da ingurgitare? Lasciate perdere…domanda retorica…

Liberamente tratto da “When Wal-Mart Goes Organic”, by Michael Pollan, the New York Time Magazine, june 4, 2006. (Trasmesso, as usual, dalla mia inviata speciale Moki).

“Fino a qualche tempo fa mangiare ‘biologico’ era considerato un privilegio da élite, oggi non è più così, da quando Wal-Mart, la principale drogheria americana ha deciso di prendere il cibo biologico sul serio. A partire da quest’anno Wal-Mart prevede di immettere sul mercato tramite i suoi circa 4000 negozi, una selezione completa di alimenti organici. Ma il dato più significativo è che la compagnia ha assicurato che il prezzo di tali prodotti sarà superiore di un misero 10% rispetto al già economico prezzo delle controparti tradizionali. In questo modo prodotti biologici ad alto consumo, come i cereali, saranno presto alla portata dei 10 milioni di americani che fino ad ora non potevano permetterseli (e che in realtà non avevano neanche idea di cosa significasse il termine ‘organico’). Parlando in grande, per rispondere alla crescente domanda di Wal-Mart l’espansione delle coltivazioni biologiche sarà senza dubbio un beneficio per l’ambiente a livello globale, in quanto, da qualche parte, si tradurrà in una riduzione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti: centinaia di ettari di mais non subiranno più la consueta doccia annuale di Atrazine, un potente erbicida applicato al 70% dei campi di mais americani. Tale agente chimico, recentemente bandito dall’Unione Europea, è sospettato di essere cancerogeno ed è stato ricollegato alla riduzione della fertilità tra gli agricoltori. (…)
Ma prima di brindare con un vaso di latte organico targato Wal-mart, bisognerebbe che ci ponessimo qualche domanda sul come tale impresa riesce a raggiungere i suoi lodevoli scopi. Assumendo che sia possibile, come esattamente Wal-Mart riesce a ridurre il prezzo dei suoi prodotti biologici a un livello solo del 10% superiore rispetto ai suoi prodotti tradizionali? Farlo garantirebbe virtualmente che la versione organica dei prodotti alimentari Wal-Mart non sia sostenibile, nel senso globale del termine. Abbiamo già visto cosa succede quando la logica dell’impresa agricola è applicata alla produzione biologica. Per rispondere a una domanda crescente di latte biologico a prezzo abbordabile, le compagnie agroalimentari stanno allestendo circa 5000 fattorie per la produzione del latte, spesso nel deserto. Quelle mucche da latte non toccheranno mai un filo d’erba, ma passeranno tutto il giorno a masticare mangime organico in spazi d’azione per forza di cose ristretti, mangimi che avranno effetti sia sulla salute delle mucche (questi ruminanti non sono forse nati per ruminare, appunto, erba?), che sul valore nutritivo del latte. Bhè, sicuramente vedremo latte così prodotto sempre più spesso sugli scaffali dei supermercati, una volta che Wal-Mart avrà deciso di mantenere basso il prezzo del latte organico. Ma vedremo anche sempre più latte organico prodotto in nuova Zelanda. La globalizzazione del cibo organico è già in atto: nei grandi magazzini Whole Foods si possono comprare asparagi organici dall’Argentina, frutti di bosco dal Messico, carne (nutrita ad erba) dalla Nuova Zelanda. In un’era di crisi energetica, l’acquisto di tali prodotti contribuisce poco all’idea di sostenibilità ambientale che un tempo animava il movimento del biologico. Questi alimenti potranno non contenere pesticidi, ma sono pur sempre, in via indiretta, intrisi di petrolio…Per concludere, un’ultima considerazione: quando Wal-Mart vorrà comprare i suoi prodotti biologici, si rivolgerà a chi gli fa il prezzo migliore, ovvero non ai produttori che possiamo avere in testa quando pronunciamo la parola ‘biologico’. I grandi supermercati vogliono fare affari solo con i grandi agricoltori, che producono molta quantità dello stesso prodotto, non perché siano più efficienti, ma piuttosto perché è più facile contrattare con un solo soggetto invece che con centinaia di piccoli produttori. Questa è solo una della tante forme in cui la logica del capitalismo e quella del biologico si scontrano. E, almeno nel breve periodo, quella del capitalismo di solito prevale. (…)
Speriamo allora che Wal-Mart riconosca che gli straordinari poteri di marketing evocati dalla parola ‘biologico’ equivalgono più o meno alla salute di un pollo organico allevato in stretto isolamento insieme a centinaia di altri polli organici, in una fattoria biologica, ingurgitando soltanto mais biologico: ovvero, fragile.”

Pubblicato anche su Popolis

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