venerdì, gennaio 04, 2008

C'era una volta l'Agriasilo

Quando avevo circa dieci anni i miei genitori, seguendo uno spirito d'avventura all'epoca controcorrente, decisero di lasciare un paese ogni anno più caotico per trasferirsi in una casa di campagna, in collina, a pochi chilometri dal mare. Fu così che entrai nell'olimpo di quei fortunati bambini, destinati a vivere a stretto contatto con una natura benevola e ancora dignitosamente intatta.
Ma i miei genitori avevano anche un altro regalo in serbo per me: il tempo. Il loro tempo, dedicato ad insegnarmi a riconoscere una quercia, piantare bulbi di tulipani e piantine di insalata, avvolgere nei fogli di carta le bottiglie di pomodoro da far cuocere nel calderone nero, per assicurare un'ottima passata per tutto l'inverno. Imparai anche ad individuare nel boschetto le tane delle volpi - le volpi, ancora numerose, solo pochi anni fa - e con la calce bianca e dell'acqua fresca, rubare per sempre l'impronta di qualsiasi animale che passasse di lì.
Era il periodo in cui alle scuole elementari c'era solo una maestra, che diventava il punto di riferimento, la guida. Con lei in classe piantavamo i fagioli nel cotone, aspettando trepidanti che si compisse il miracolo del borlotto trasformato in filo d'erba. A casa avevo un pollaio con oche, galline e conigli, le casette con le api e anche una capretta. Grazie a loro ho vissuto dal vivo la nascita di un pulcino, la stagionatura di una forma di formaggio, il ciclo di vita dal polline al miele.
Una stagione ricca e fervida la mia infanzia, tanto da farmi sentire - forse a torto? - una privilegiata. Come fanno i bambini che vivono in città? O quelli i cui genitori lavorano tutto il giorno, quelli che vivono in appartamento o semplicemente tutti quelli che passano da casa a scuola e viceversa senza sperimentare mai, nemmeno per un attimo, il significato concreto del mondo che li circonda? Forse è anche a causa da questa lontananza dalla natura, dalla sperimentazione fisica del quotidiano, che, secondo l'OCSE, i giovani italiani sono tra i più ignoranti d'Europa?
Qualunque sia la risposta, c'è chi sta già pensando alle soluzioni migliori e più ingegnose per invertire la tendenza: da un'iniziativa della Coldiretti nascono in Italia gli Agriasili, delle fattorie alternative che affiancano all'attività agricola caratteristica, un utilissimo servizio di asilo infantile. Il primo agriasilo italiano - La Piemontesina - pare sia nato a Chiavasso, in provincia di Torino ed offre ai bambini ospiti la possibilità di seguire i lavori della campagna, accudire piccoli animali e osservare come crescono e producono le piante.
Come afferma la Coldiretti, "l'Agriasilo offre l'occasione di un incontro positivo tra le esigenze dei genitori di garantire un ambiente e un'alimentazione sana ai propri figli e quella delle imprenditrici e imprenditori agricoli alla ricerca di nuovi stimoli nel lavoro all'interno dell'azienda".
L'idea funziona, tanto che attualmente in Italia si stanno moltiplicando le esperienze di questo tipo, autentiche "alternative ecologiche" agli asili spesso angusti di città. Ma anche sperimentazioni capaci di aprire finestre importanti per un settore agricolo messo alle strette da un mercato mondiale non più così generoso. Che sia una formula creativa ed efficace per piantare semi di responsabilità sociale nei cittadini di domani?
Pubblicato anche su Popolis

3 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie

Kikax ha detto...

Io quella casa me la ricordo bene... :)

Anonimo ha detto...

Sai che leggendo le tue parole mi immagino di leggere il diario della mia bimba tra vent'anni.....anch'io sto cercando di farla sentire privilegiata, ho un piccolo nido domiciliare nella campagna pisana che vorrei presto si trasformasse in agriasilo in cui ogni giorno sperimentiamo il legame tra l'uomo e la natura....grazie per questa bella sensazione che mi hai trasmesso!