
Sebbene il fenomeno delle Fabbriche Recuperate non sia una novità per l’Argentina – fatti simili si erano già verificati a fine anni 90 – dopo il dicembre del 2001 l’occupazione delle fabbriche da parte dei lavoratori assume più forza e visibilità, anche a livello internazionale. La concentrazione economica, i processi speculativi e l’assenza di politiche realmente rivolte a fomentare l’occupazione e rafforzare l’apparato produttivo nazionale hanno portato a un depauperamento dei livelli di vita della popolazione argentina, che ha raggiunto livelli drammatici in seguito al noto crack finanziario di 5 anni fa, quando molte fabbriche sono state obbligate a chiudere le porte. E’ chiaro che, di fronte a questo scenario, per gli operai convertirsi in padroni di fabbriche metallurgiche, tessili, alimentari e perfino di hotel costituiva un’alternativa originale - per quanto drastica e azzardata in termini di legalità e sostenibilità - alla disoccupazione permanente (nell’Hotel Bauen a Buenos Aires, dopo il processo di occupazione da parte dei lavoratori, hanno iniziato a farci anche i programmi radio, i concerti e le serate letterarie!).
Considerando che negli ultimi 4 anni i fallimenti sono stati 4.000, una media di 1000 fabbriche all’anno, in termini quantitativi 162 fabbriche recuperate non sembrano essere significative a livello macroeconomico. Però se si pensa ai posti di lavoro creati (con la loro forma peculiare di organizzazione interna cooperativa, orizzontale, democratica e solidale) e a quanto il processo di recupero implichi in termini di dignità per le persone coinvolte, allora si che questo fenomeno assume non solo significato, ma anche valore sociale.
Per approfondire: www.lavaca.org/editora/sinpatron-sedice.shtml
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