martedì, aprile 22, 2008

Credito vuol dire fiducia?

"Presto dinero a bajos intereses. Pase Usted"
Ovvero, l'insegna pubblicitaria che più spesso mi è capitato di incontrare viaggiando in lungo e in largo per l'America Latina. Passate pure, offro prestiti a interessi bassissimi, seguite la freccia senza timore. E la freccia porta un po' dappertutto, dal garage di pezzi di seconda mano, al supermercato-farmacia, al tinello di casa di qualsiasi persona che una mattina si sveglia con l'ispirazione da bancario. Niente di formale insomma, ma che c'è di male quando nel nostro stesso paese formalità fa rima con elefantiaca burocrazia? Non ci scandalizziamo, la maggior parte delle volte la freccia l'abbiamo seguita con sincera curiosità. Il problema viene dopo, quando si inizia a discutere il significato (personalissimo) di cosa voglia dire "al più basso interesse".
Perché in America latina i tassi di interesse sui prestiti, siano essi applicati da istituti formali o da baracchine improvvisate, sono sempre altissimi, e non solo per i nostri schizzinosi standard occidentali. Bassi perché espressi in termini mensuali ma quando dei mesi si fa la dodicesima somma, l'interesse raggiunge e spesso supera il 100% del prestato. Nell'Italia contadina delle casse rurali, già cento anni fa questo tipo di pratiche le chiamavano "usura" (Ma in fondo pensando al credito al consumo, non serve andare tanto lontano...).
E allora spesso ci è capitato di ripercorrere la freccia al contrario, riportando in strada i buoni propositi e qualche arrabbiata riflessione. Riflessione sul fatto che la parola credito deriva dal latino credere (creditum) ossia "ciò che è stato affidato sulla fiducia". Fiducia. Data e riposta, a volte anche in assenza di garanzie reali, sulla base della conoscenza reciproca, del reciproco rispetto. Oggi però nel mondo sta succedendo qualcosa di bizzarro: la finanza internazionale prende il largo e nel trasporto dell'euforia generale inizia a credere nel denaro facile - la facilità banale dello speculare su ciò che non esiste. E quando il castello crolla, da tanto si passa al niente. E credito nell'era dei subprime diventa piuttosto sinonimo di rischio: da controllare, razionare, regolamentare.
Ecco che la regolamentazione internazionale in materia su questo si fa - giustamente? - rigorosa. Va bene per le grandi banche, ma il discorso di complica per quelle piccole, quelle legate al territorio e a della gente onesta, lavoratrice, che magari non ha garanzie reali e patrimonio da mettere in gioco - e quindi è considerata rischiosa, non finanziabile - ma è gente di cui dicono che ci si può fidare. Lo dimostrano i dati: il tasso di sofferenza delle istituzioni di credito popolare (microfinanziarie, casse rurali ecc..) in America Latina è in media del 2%. Basso. I poveri restituiscono. Ma il prestito deve essere onesto, deve avere un prezzo equo, non certo quello proposto dai signori del cartello esposto sopra. Tutti, ma davvero tutti, almeno una volta nella vita possiamo aver bisogno di un prestito, per realizzare i nostri progetti. Ma solo una piccola parte dei tutti, ancora oggi, ha accesso a un credito onesto. Il bisogno rimane, se un povero è scartato da una banca perché rischioso troverà qualcun altro disposto a finanziare, a qualunque prezzo. Mettiamo da parte i pregiudizi: oggi nel mondo l'accesso al credito è ancora un diritto disatteso, ancora un elemento di priorità. Anche da questo dipende uno sviluppo sostenibile. Non solo degli altri, sto parlando anche del nostro paese. Pensate tra qualche anno a che panorama, se di fianco a casa vostra iniziassero a spuntare insegne pubblicitarie cosi...

Foto: Puno, Perù, febbraio 2008 letiziajp ©

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