mercoledì, dicembre 06, 2006

Il costo sociale delle privatizzazioni

I rapporti di Social Watch mostrano che la privatizzazione dei servizi di base è una scelta politica rischiosa che può danneggiare i gruppi vulnerabuili ed impedire la realizzazione di un contratto sociale in grado di promuovere l'equità. Nella maggior parte dei casi la privatizzazione è in primo luogo una misura macroeconomica per limitare il bilancio o ridurre il debito. Per molti governi ai quali il Fondo Monetario Internazionale chiede di mettere in ordine i bilanci, privatizzazione significa entrate, non riduzione della povertà. Tuttavia, nei servizi di base (acqua, sanità, istruzione, reti elettriche...) il trasferimento del monopolio naturale ad una società privata determina spesso un aumento dei prezzi, soprattutto quando manca un regolatore capace e autonomo, come accade (soprattutto ma non solo) nei paesi in via di sviluppo con istituzioni deboli. Ma i tagli al bilancio e gli incentivi ai fornitori privati per attirare gli utenti più facoltosi, impongono una scarsa qualità e un accesso limitato a coloro che non hanno risorse: le privatizzazioni indiscriminate snelliscono i bilanci a discapito dei più poveri. Le persistenti difficoltà a far aggiungere sussidi a coloro che ne hanno veramente diritto, rendono inapplicabile un approccio di tipo assistenzialista in quei paesi che non dispngono di valide risorse per individuare e registrare i poveri. Sembra allora più giusto chiedersi: perchè fornire scarse risorse pubbliche ad un'impresa che cerca di fare i maggiori profitti possibili, piuttosto che tentare di riformare anzitutto il servizio pubblico esistente? Parliamone...

(Tratto da Privatizzare i servizi. Il costo sociale Social Watch, rapporto 2003)

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