lunedì, maggio 29, 2006

CINA-AFRICA, passando per Bombay

“La globalizzazione fa bene all’Africa. In un mondo sempre più piatto, cioè senza barriere, l’economia africana cresce in modo costante e in un clima positivo, come non avveniva da decenni, grazie al prepotente ingresso sulla scena economica mondiale di Cina ed India.”
Questo è quanto sostiene l’ultimo rapporto dell’OCSE sull’Africa, e che trovo sotto vari titoli echeggiato nelle testate di vari giornali internazionali. Inizio a leggere un po’ perplessa e scopro che “il processo di liberalizzazione in corso ha incoraggiato l’arrivo in Africa di investimenti esteri dei fondi asiatici, flussi impiegati principalmente verso la realizzazione di nuovi impianti per l’estrazione di materie prime (…) aumentando anche la concorrenza nel mercato africano: la collaborazione afro-cinese ha permesso infatti ai prodotti tessili di Pechino di invadere l’Africa australe e del nord, aumentando al tempo stesso il potere d’acquisto dei consumatori africani.” Invadere, parola che mi sembra stonare con l’entusiasmo generale dell’articolo (tratto dal Sole24ore, 17/5/06), che più avanti riconosce che “Pechino si è dimostrata un’arma a doppio taglio per l’Africa, perché da una parte richiede materie prime senza badare ai prezzi, ma dall’altra si presenta alla porta come un temibile fornitore di manufatti a prezzi stracciati che spazzano via le industrie tessili locali.”
E alla fine mi chiedo, le strette di mano tra cinesi ed alcuni privilegiati africani, capi di stati ricchi di cose che si chiamano nell’ordine petrolio, oro e rame, emanciperanno davvero tutto il Continente Nero da terra di colonizzazioni a tavolo di trattative paritetiche del commercio mondiale?
Continuo a restare perplessa, perché proprio non riesco a capire cosa distingua la Cina o l’India da ex-colonizzatori come Francia o Gran Bretagna. Forse Pechino sarà così schizzinosa da chiedere alla Nigeria di rispettare i diritti umani come pre-condizione all’acquisto del suo petrolio?
Ma del resto, non si sa mai, come dice il detto, le strade del Signore…

3 commenti:

Anonimo ha detto...

beh....cè chi dice che bisogna propugnare una globalizzazione dal volto umano e chi sostiene che
"globalization has a human face"....ho fatto la tesi su "La lotta alla povertà e le politiche della Banca Mondiale" quindi non sono proprio digiuno di questi argomenti....ma, apparte la mia maggiore o minore competenza in materia, tendo sempre a diffidare di chi dice che va tutto ok, che va tutto bene o per dirla col Candido di Voltaire che siamo "nel migliore dei mondi possibili".
E questo perchè ritengo che prima di poter dire che i risultati che non cè nulla da criticare,da rifondare, da riformare, magari basandosi su aumento percentuale (solitamente deviante)di uno o due punti, bisognerebbe capacitarsi del fatto che qui non si sta parlando di produttività di sedie, di spilli, di semilavorati in legno, di nuvole, di software, di lenti a contatto.......si sta parlando di esseri umani, entità, per chi non se ne fosse accorto, che hanno "a human face".

"La preoccupazione dell'uomo e del suo destino devono sempre costituire l'interesse principale di tutti gli sforzi tecnici. Non dimenticatelo mai in mezzo a tutti i vostri diagrammi ed alle vostre equazioni." ALBERT EINSTEIN

FRANCESCO MONALDI

Letizia ha detto...

Eh già, hai proprio ragione...


Spero che questo sia solo il primo dei tanti commenti che mi hai promesso, stavo cominciando a chiedermi che fine avessi fatto..!!

;)

Anonimo ha detto...

Condivido lo scetticismo di chi dice che va tutto bene e aggiungo che troppo spesso l'attenzione viene posta sull'imperativo della crescita: numeri, percentuali e statistiche che fotografano qualcosa che non esiste, artifatti che mistificano la realtà nel tentativo di giustificare un sistema economico ed un modo di pensare "occidentale". A volte ho l'impressione che la stampa e le grandi organizzazioni inter.li cerchino la via per mettere a posto la coscienze dell'elettorato nostrano: vedete il mondo non va poi tanto male, la nostra ricetta funziona. Dal canto mio sarei molto più interessato alla distribuzione di questa nuova ricchezza. Non penso proprio che l'agricoltore e minatore africano esultino quandi il PIL stia crescendo a più del 5% se ciò vuol dire solamente un maggior giro di affari per la De Beers di Anversa o l'arrichimento delle lobbies locali. E la questione sembra essere plausibile, visto il livello di corruzione di molti Paesi africani (ben noti sia i corrotti e i corruttori).

Sen (Nobel 98) scrisse qualcosa sulla "libertà di agire" e su "libertà di conseguire". L'economia e i suoi analisti sembrano essersi fossilizzati sul primo di questi due principi: libertà di agire, cioè avere la libertà di poter fare un pò quello che si vuole (dal punto di vista economico). La libertà di conseguire, cioè libertà d'accesso all'azione, è trascurata e fortemente connessa al concetto di distribuzione di ricchezza.

Sto sproloquiando e addentrandomi troppo in un terreno che non conosco, se non da alcuni brandelli di informazione che qua e là ho raccolto durante i miei studi e dalgi scambi con un ex-ministro congolese. Chiedo scusa quindi per qualsiasi cavolata abbia scritto e da Bruxelles saluto i concittadini.

Ciao ciao da un emigrato,

Matteo.