lunedì, agosto 28, 2006

LA STORIA SIAMO NOI

Non troveremo né uno scopo a livello nazionale né soddisfazione personale nella mera continuazione del progresso economico, nell'accumulare a non finire beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale basandoci sul Dow Jones, né i risultati della nazione basandoci sul Prodotto interno lordo.
Perché del Prodotto interno lordo fa parte l'inquinamento dell'aria, fanno parte le ambulanze che liberano le nostre autostrade dopo ogni carneficina. Fanno parte le serrature speciali per le porte delle nostre case e le celle per coloro che le scassinano. Il Prodotto interno lordo comprende la distruzione delle sequoie e la morte del Lago Superiore. Aumenta con la produzione di napalm e missili e testate nucleari... Include... la trasmissione di programmi televisivi che, per vendere merci ai nostri figli, glorificano la violenza.
E se il Prodotto interno lordo comprende tutto ciò, c'è anche molto che non comprende.
Non rende conto della salute dei nostri cari, della qualità della loro istruzione, del loro piacere di giocare. E'indifferente al carattere dignitoso delle nostre fabbriche come alla sicurezza delle nostre strade. Non include la bellezza della nostra poesia o la solidità dei nostri matrimoni, l'intelligenza del nostro dibattito pubblico o l'integrità dei nostri pubblici funzionari...
Il Prodotto interno lordo non misura né la nostra intelligenza né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra erudizione, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, insomma, tranne ciò che dà valore alla vita, e può dirci tutto sull'America, tranne se siamo fieri di essere americani.


(Discorso del Presidente Robert F. Kennedy per la campagna elettorale del 1968 - riportato dal Sole24Ore del 27 agosto 2006)

venerdì, agosto 25, 2006

IL DIRITTO AI BISOGNI

















SETTIMANA MONDIALE DELL'ACQUA - Stoccolma 20-26 agosto

Nei momenti in cui siamo lì, in bilico davanti al lavandino del bagno con la bocca piena di dentifricio, mentre il rubinetto aperto al massimo rumoreggia in attesa del risciacquo finale; o mentre laviamo i piatti e nel frattempo cuciniamo, stiriamo, guardiamo la tv, beviamo una birretta ghiacciata, lasciando che fiumi d'acqua, magari calda o tiepidina, scorrano liberamente per evitare di dover continuamente chiudere e aprire mentre sbrighiamo le incombenze di cui sopra; in tutti questi momenti e in tanti altri ancora che mi riesce difficile indicare...pensiamoci: l'accesso all'acqua, per tutti e per ciascuno degli abitanti della terra, è un diritto o un bisogno? E in fondo, lo sappiamo già, non fa nessuna differenza, perchè qualsiasi sia la risposta più auspicabile, la domanda fondamentale è un'altra. La sproporzione nell'accesso è un problema a cui possiamo dare una soluzione credibile nel breve periodo?

Per saperne di più: POPOLIS
Foto di Mike Goldwater

lunedì, agosto 21, 2006

QUANTE GUERNICA ANCORA?












(Pablo Picasso Guernica)

Guernica è il nome di una cittadina spagnola che ha un triste primato. È stata la prima città in assoluto ad aver subìto un bombardamento aereo. Ciò avvenne la sera del 26 aprile del 1937 ad opera dell’aviazione militare tedesca. L’operazione fu decisa con freddo cinismo dai comandi militari nazisti semplicemente come esperimento. Tuttavia la cittadina di Guernica non era teatro di azioni belliche, così che la furia distruttrice del primo bombardamento aereo della storia si abbatté sulla popolazione civile uccidendo soprattutto donne e bambini.

Ma Guernica è anche l'unico quadro storico del nostro secolo. È tale non perché rappresenta un fatto storico, ma perché è un fatto storico. È il primo, deciso intervento della cultura nella lotta politica: alla reazione, che si esprime distruggendo, la cultura democratica risponde per mano di Picasso, creando un capolavoro. Picasso non mira a denunciare un misfatto ed a suscitare sdegno e pietà, ma a rendere presente il misfatto nella coscienza del mondo civile, costringendolo a sentirsi corresponsabile, a reagire. La visione di Guernica è la visione della morte in atto: il pittore non assiste al fatto con terrore e pietà, ma è dentro il fatto, non commemora o commisera le vittime, ma è tra 1e vittime. Con lui muore una civiltà il cui scopo era la conoscenza, l'intelligenza piena della natura e della storia. L'Europa non è la libertà e la pace, ma la guerra. Durante l'occupazione tedesca di Parigi, ad alcuni critici che gli parleranno di Guernica, Picasso risponderà amaramente: "non l'ho fatta io, l'avete fatta voi". (Analisi dell'opera tratta da: G. C. Argan, L’Arte moderna , Sansoni, 1970).

E oggi, quante Guernica dovremmo impegnarci a dipingere ancora?

giovedì, agosto 17, 2006

lunedì, agosto 14, 2006

...UN IMMEDIATO ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO

I personaggi dei suoi libri sono piegati dal dolore. La loro disperazione è in qualche modo influenzata dalla situazione che state vivendo?
Ogni scrittore inevitabilmente risente della sofferenza che ha intorno. Anche i miei personaggi partecipano al mio tormento, ma mi rifiuto di ridurre ogni mia storia a una metafora politica. Protesto in nome dei miei personaggi ai quali viene tolta la loro verità psicologica. Spesso mi hanno chiesto perché gli amori che racconto sono sempre infelici. Potrei rispondere citando Brassens: "Il n'y a pas d'amours heureux". E questo perché, man mano che si stringe un rapporto, ci consegniamo all'altro, ci mettiamo a nudo e gli cediamo la nostra parte più nascosta. Questo è spesso doloroso. Mi guardo attorno e nelle storie che vedo o che io stesso ho sperimentato, trovo molta sofferenza. E' difficile conservare la serenità al di là della superficie. Ma devo confessare che, stranamente, raccontare queste storie, rende la mia vita più serena. Scrivere del dolore degli altri è come farmi sentire che in quella situazione io non ci sono più: l'ho superata.


(Tratto da un'intervista di Anna Folli a David Grossman, per Golem)

David Grossman è uno dei principali scrittori istraeliani contemporanei, pacifista convinto è stato uno dei più strenui sostenitori del dialogo e della convivenza. Ieri suo figlio Uri è stata una delle ultime vittime in Libano tra i soldati istraeliani prima della proclamazione del cessate il fuoco. Silenzio per lui ora e un augurio commosso: che ora che il dolore è così intimamente suo, sappia trovare un seme in tanta sofferenza, per continuare a scrivere, parole di pace.

L’ORO VERDE CHE FECE L’IMPERO

Nata nel 1600 grazie al cospicuo contributo della regina Elisabetta I, la Compagnia delle Indie Inglesi è di fatto la prima multinazionale del mondo moderno, che trovò nel tè e nei tessuti la ragione della sua lunga e gloriosa esistenza. Nel 1613, la East Indian Company si trasforma in Società per Azioni e per tutto il Seicento e Settecento le sue azioni costituiscono l’investimento più redditizio per i mercati inglesi, con un dividendo annuo medio del 22%. Figlio del suo tempo e di un intuito lungimirante, Mr. Richard Twining decise in un non precisato giorno del 1787 di registrare col suo nome anche il tè che vendeva, dando inconsapevolmente vita al logo commerciale più antico del mondo. Candidato ideale al ruolo di protagonista nella storia dell’evoluzione del capitalismo mondiale, la fortuna del tè nella società britannica coincide con quella della Compagnia delle Indie. Nel momento del suo massimo splendore, il dazio che la Compagnia imponeva sul tè rappresentava il 10% delle entrate dello Stato. Fu proprio il suo potere economico a consentire alla Compagnia di essere formalmente riconosciuta dal governo inglese come l’amministratore dell’intero territorio del Bengala, contro l’esimio parere di un personaggio come Adam Smith, padre del libero mercato e proprio per questo contrario alla concessione di tanti privilegi in seno ad una sola impresa.
Ma la storia racconta anche di declini: il futuro sarebbe di lì a poco stato l’America e non l’umido Sud-Est Asiatico. L’India sarebbe rimasta il maggior produttore di spezie, ma i prodotti coloniali non avrebbero mai più raggiunto quei margini così allettanti che avevano spinto a suo tempo i portoghesi verso le rotte dell’Est. In ogni caso, era stato ormai impresso un marchio nella cultura britannica, che si sarebbe rivelato indelebile: quando nel 1858 la Compagnia delle Indie fu sciolta, il tè era già diventato bevanda nazionale e Twinings il suo veicolo più conosciuto in tutto il mondo. Appuntamento immancabile delle 5 di tutti i pomeriggi british da lì in futuro.

(Liberamente reinterpretato da, “Il sapore speziato del commercio”, Stefano Salis, Sole24Ore del 30 luglio 2006)
Fonte foto

venerdì, agosto 11, 2006

LA MATEMATICA DEI FIAMMIFERI

Un fumatore qualunque, magari in un attimo di riposo, seduto comodamente ad osservare i riccioli di fumo elegantemente espulso nel tentativo di realizzare finalmente la spirale perfetta, si è mai domandato quanti alberi può bruciare nella sua vita sotto forma di fiammiferi o dell’impatto climatico che potrebbe avere il butano consumato sotto forma di accendini usa e getta?
Quesito bizzarro, ma come sempre anche a questo esiste una risposta ed è fondamentalmente questione di matematica. Iniziamo dalle stime dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), secondo le quali la sommatoria dei fumatori mondiali consuma giornalmente 15 miliardi di sigarette. Mentre dalla Swedish Match veniamo a sapere che da un singolo pioppo di taglia media si possono ricavare circa 1 milione di fiammiferi. Facendo due calcoli e supponendo che tutte le sigarette di cui sopra vengano accese utilizzando i fiammiferi di cui sotto, ogni giorno se ne andrebbero in fumo circa 15mila alberi.
Visti i volumi, le fabbriche di fiammiferi dovrebbero avere un gran bel da fare, tanto che secondo stime delle Nazioni Unite l’industria dei fiammiferi in India dà lavoro a 250 mila persone. Peccato che l’India sia un paese extraeuropeo, dove non valgono le rivendicazioni sindacali che dal lontano 1888 valsero agli operai addetti alla produzione di fiammiferi negli stabilimenti di Londra, migliori condizioni e rispetto dei loro diritti. Giusto poco tempo fa, la BBC denunciava in un suo documentario lo sfruttamento dei bambini minori di 5 anni nel Tamil Nadu - sempre India - costretti a lavorare 16 ore al giorno, immergendo stecchetti di legno in vasche di zolfo rovente per due dollari alla settimana...

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giovedì, agosto 10, 2006

Please, Mr. Auden, tell me the truth...

(...) When it comes, will it come without warning,
Just as I'm picking my nose?
Will it knock on my door in the morning,
Or tread in the bus on my toes?
Will it come like a change in the weather?
Will its greeting be courteous or rough?
Will it alter my life altogether?
O tell me the truth about love.


(William H. Auden)

martedì, agosto 08, 2006

LE COSE CHE SI SCOPRONO....

...CHIACCHIERANDO DAVANTI A UNA FETTA DI ANGURIA...CORRETTA...

Il dubbio amletico di questa settimana è stato: ma la Vodka, con cosa si fa?

'La Vodka può essere distillata da tutte le piante ricche zucchero; molte vodke oggi sono prodotte dai grani come la segale (se derivate da questo cereale, vengono considerate superiori rispetto a tutte le altre). In alcuni paesi dell'Europa centrale, alcune vodke sono prodotte dalla fermentazione di cristalli di zucchero e sali distillando tutto questo dopo alcune settimane. La Vodka, oggi, viene prodotta in tutto il mondo (vedi i tipi di vodka). Prima di aggiungere qualsiasi sapore alla vodka, viene prima filtrata il più possibile utilizzando, la maggior parte delle volte, dei filtri al carbone. L'obiettivo è eliminare qualsiasi impurità lasciando così alcool e acqua le uniche componenti del liquido. È interessante sapere che la vodka viene chiamata, nelle località dove si presume sia nata, con parole la cui radice significa "bruciare".' (da Wikipedia)

Bruciare? Ma no, dicono basti mangiarci dietro molliche di pane. Assorbono, e vai che è un piacere...

PS: sapevo che le reazioni non si sarebbero fatte attendere...un mio fidatissimo esperto settoriale ci ha tenuto a sottolineare che: "Caspita...un articolo sulla wodka e nn vengo interpellato come esperto??? Si dice anke che sia l'unico alcolico a nn far ingrassare (qsta xo' forse è una leggenda), e che sia anke l'unico che non lascia residui di odore nell'alito.....almeno nella versione non aromatizzata (che è anche la migliore secondo il mio modestissimo parere......), così da poter essere utilizzata senza farsi beccare da genitori, capo, morose ecc.ecc.ecc........". Qualcun altro?

lunedì, agosto 07, 2006

I CAMPIONI DEL MULTITASKING

“Sapete cos’è? Il nome glielo hanno dato gli americani: nella sua accezione più ampia definisce il fenomeno per cui vostro figlio, giocando al game boy, mangia la frittata, telefona alla nonna, segue un cartone alla televisione, accarezza il cane con un piede, e fischietta il motivetto di Vodafone. Qualche anno e si trasformerà in questo: fa i compiti mentre chatta al computer, sente l’I-pod, manda sms, cerca in Google l’indirizzo di una pizzeria e palleggia con una palletta di gomma. Le università americane sono piene di studiosi che stanno cercando di capire se sono dei geni o dei fessi che si stanno bruciando il cervello.”

A sommi capi è così che A. Baricco riassume il vorticoso fenomeno che sta caratterizzando la società contemporanea, sempre più alle prese con due elementi ormai vitali per la sopravvivenza nel mercato (economico e relazionale): quante cose si sanno fare e in quanto tempo siamo capaci di farle. Se ci pensate bene è un fenomeno che ci coinvolge tutti: da un certo punto in poi della nostra vita il tempo a disposizione sembra essersi accartocciato, le cose da fare aumentano, insieme agli scatoloni dei buoni propositi rigorosamente ammonticchiati in cantina, in attesa del momento giusto. E’ il giorno che ci guardiamo allo specchio con più attenzione per ricordarci che non siamo più quelli di una volta, e come in un riflesso incondizionato iniziamo a spronarci mentalmente: ma su, forza, puoi far di più!!. Se siamo già arrivati a quel punto, allora saremo già dietro ad un treno in corsa e sarà difficile fermarsi un attimo a riflettere sul fatto che il tempo, che in se è una concezione del tutto soggettiva, sta sempre lì, a nostra disposizione. Non è lui a scappare ma siamo noi ad averne intasato il flusso, riempiendolo di attività, nozioni, possibilità infinite (la maggior parte delle quali, superflue). E siccome tutto dentro proprio non ci sta, dobbiamo fare qualcosa di alternativo per fregarlo, appunto, sul tempo: metterci a correre. Ma in tutta questa trasformazione - che certo i nostri nonni, già abbastanza perplessi dai PC e dai telefonini, erano ben lungi dallo sperimentare - cosa perdiamo e cosa guadagniamo di noi stessi?

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VIAGGIARE, PERDERE PAESI...


Viajar! Perder países!
Ser outro constantemente,
Por a alma não ter raízes
De viver de ver somente!
Não pertencer nem a mim!
Ir em frente, ir a seguir
A ausência de ter um fim,
E a ânsia de o conseguir!

Viajar assim é viagem.
Mas faço-o sem ter de meu
Mais que o sonho da passagem.
O resto é só terra e céu.

Fernando Pessoa, Viaggiare! Perdere Paesi! dal Cancioneiro